Giacomo Besenghi, maddalenino con la passione per Londra: “Vi racconto le 101 cose da fare almeno una volta in questa città”

Volete esplorare angoli inediti e curiosità di Londra e non sapete come fare e a chi rivolgervi? Oltre alle cartine iperdettagliate, ai volumi dedicati e al più classico consiglio degli amici potete provare con “101 cose da fare a Londra almeno una volta nella vita”. L’autore del piccolo vademecum è un trentottenne maddalenino, Giacomo Besenghi che si è innamorato in modo totale della capitale britannica, dei suoi ritmi e della sua caleidoscopica varietà.

Nove anni di felice permanenza che, tuttavia, non hanno cancellato la nostalgia per ciò che ha lasciato nell’isola: i ritmi più rilassati, gli affetti e il cielo di Caprera, insuperabilmente punteggiato di stelle nelle notti agostane. «Londra può essere difficile agli inizi, ma ti fa sentire il benvenuto. Mi sento londinese, ho una vita che mi piace e sono esposto a tanti stimoli. L’opportunità di scrivere è stata casuale, un’amica che lavora per la casa editrice che ha pubblicato il mio lavoro mi ha chiesto se volessi cimentarmi nel genere. Ho mandato la mia proposta che è stata accettata e, da quel momento, mi sono imbarcato in un’esperienza entusiasmante durata un anno.  Adoro questo luogo quasi incondizionatamente. Nonostante tutti i difetti propri di una metropoli, a me personalmente basta un po’ di sole, merce rara da queste parti, e una passeggiata lungo un tratto di Tamigi non troppo affollato per riconciliarmi col mondo. Se poi hai la passione per l’architettura, non hai che da scegliere dove posare lo sguardo.  Ho cercato di descrivere i tratti della città attraverso la mia esperienza personale e con storie che ho raccolto sul luogo o tra amici e conoscenti. Si tratta di 101 piccoli resoconti che spaziano dall’esperienza più classica a quella più avventurosa».

Di Londra, Giacomo ha assorbito naturalmente la dinamicità, anche lavorativa: «Sono credit specialist per una corporation con base in Inghilterra e sono traduttore freelance. Ho insegnato italiano L2 ma ho smesso quando ho deciso di iscrivermi al master in Traduzione Applicata della London Metropolitan University. Ho una vita intensa e dinamica e in questo la tecnologia mi aiuta. Quando sono su un treno o in autobus, per esempio, faccio ricerche terminologiche per la traduzione del momento, rispondo alle email».

Incontro, quello con l’Inghilterra, quasi casuale, e che nelle intenzioni iniziali doveva essere breve: «Dopo il diploma di scuola superiore per interpreti e traduttori ho insegnato inglese in corsi di formazione professionale; ho potuto mettere da parte dei risparmi e l’Inghilterra mi è sembrata una destinazione naturale. Sono andato via, come tanti, per ovviare alla mancanza di lavoro ma è una scelta che con buona probabilità avrei fatto comunque, anche se non immaginavo che sarebbe durata tanto».

Complice pure una vita quotidiana di certo più frenetica che in Italia ma, perlomeno, non inutilmente complicata dalla burocrazia e indubbiamente frizzante per le opportunità che offre. «Una delle cose che mi colpì di più nel primo periodo è la semplificazione burocratica rispetto all’Italia: non ci sono paragoni. La vita culturale poi è in continuo fermento, anche se non è facile approfittare di tutte le offerte. Con questo però non intendo lamentarmi di un’aridità culturale isolana. Mi manca molto, ad esempio, la scena teatrale cagliaritana fatta di piccole compagnie che portano avanti progetti molto validi. Va poi detto che la quotidianità londinese può essere a tratti stressante, soprattutto per gli spostamenti. In termini professionali questa è per me la terra delle opportunità. Il mercato del lavoro è dinamico e ho l’impressione che si percepisca la ripresa economica. Sotto il profilo relazionale, ho costruito molti rapporti umani sia con i miei conterranei, tutti legati all’isola, che con altri italiani ed “expat”ma anche con i Britons. A chi volesse intraprendere un’esperienza in Inghilterra, suggerisco di farlo senza troppa esitazione, sforzandosi – conclude Giacomo – di mettere da parte i pregiudizi per cercare di trarre il meglio dalla diversità».

Giovanni Runchina

 

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