Convegni al maschile, nessuna scusa: “Ecco il database delle donne speaker”

Cherchez la femme. Cercate la donna, la causa del problema o, al contrario, la sua chiave di volta. L’espressione francese – che Alexandre Dumas, padre, fece dire al poliziotto Joseph Fouch nel suo ‘Les mohicans de Paris’ a metà Ottocento – potrebbe diventare uno slogan, un hashtag o un messaggio perfettamente calzante con le proteste che viaggiano, soprattutto in rete, in questi mesi contro il fenomeno dei ‘manel’ (i panel dei convegni composti solo da uomini, di cui Sardinia Post ha già parlato in due approfondimenti). E ‘cherchez la femme’ identifica a pieno il lavoro, la tenacia, la passione di Paola Maniga, 34 anni, sassarese, da dieci anni in Belgio e co-fondatrice di uno dei primi database europei che raccoglie un lungo elenco, Paese per Paese, di donne esperte e disponibili a fare da relatrici nei convegni, in ogni settore.

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Il punto di partenza è che dall’informazione alla scienza, dalle imprese alla ricerca, dall’economia allo sport, i dati dimostrano che incorporare la visione femminile significa aprire orizzonti e migliorare performance e lavoro di squadra. “L’equità di genere conviene anche agli uomini. E la diversità, dati alla mano, fa bene a tutti. Anche economicamente”, ripete Paola Maniga. Trentaquattro anni, laurea e master alla Bocconi di Milano, un’alta specializzazione alla London School of Economics e l’esperienza del programma Master and Back della Regione Sardegna. A Bruxelles lavora per un organismo che si occupa di analisi economiche ed è proprio da lì che qualche anno fa è partito tutto. “Era il 2015 e confrontandomi con altre donne sparse in diversi centri di ricerca europei abbiamo iniziato a discutere dei problemi che le ricercatrici e le esperte hanno sul lavoro. La sottorappresentazione delle donne nei dibattiti politici, nei convegni o nei media, era diventato uno dei nostri discorsi principali”, racconta la giovane sassarese.

“In una città come Bruxelles sono migliaia ogni anno i convegni ed è assurdo che fossero appannaggio quasi esclusivamente maschile – spiega -. È così che ci siamo rese conto che era necessario e urgente creare un database che potesse raggruppare tutte le donne coinvolte nel dibattito europeo. Abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding e con gli 11mila euro raccolti abbiamo creato il sito The Brussel Binder”. Il database è aperto a tutte coloro che vogliono proporsi come relatrici ed esperte in un campo specifico e dedicato agli organizzatori di convegni o ai media che cercano speaker donne. Ogni scheda personale contiene curriculum ed elenco di pubblicazioni, o video di discorsi e interventi a convegni già svolti. Nella lunga lista, suddivisa per Paese europeo, ci sono anche delle sarde, ricercatrici universitarie o a guida di imprese fuori dall’Isola.

“In altri esempi di database femminili si è scelto di ‘controllare e validare’ le iscrizioni in base alle competenze e all’esperienza, nel nostro invece chiunque si può iscrivere. Anche perché – precisa Paola Maniga – una delle ragioni per cui le donne anche se invitate a parlare spesso non accettano, è che si sentono in difetto, o non all’altezza, soffrono della cosiddetta ‘sindrome dell’impostore’ e rinunciano. Noi vogliamo invece spronare le moltissime donne competenti ed esperte a proporsi, per questo l’iscrizione è libera, è una scelta di inclusione”. Spesso la selezione degli speaker negli eventi importanti è guidata dalla logica del potere, nel senso che si guarda al titolo del relatore – che sia ministro, presidente di un’ente, Ceo di una società, preside di un’Università – e non dalla logica delle idee, del pensiero e di chi – al di là della carica – ha qualcosa di nuovo e diverso da dire.

Ma perché sono importanti le liste? “Sono tre le ragioni fondamentali – precisa la giovane esperta – innanzitutto la statistica: le donne rappresentano la metà della popolazione, sono laureate in misura maggiore degli uomini, sono competenti. Poi c’è la diversità come valore aggiunto: sono tanti ormai gli studi che dimostrano l’arricchimento sotto tutti i punti di vista agevolato dalla presenza femminile in ogni contesto – sottolinea -. E infine il cosiddetto ‘role model’ (modello di ruolo), l’esempio: perché se una studiosa/ricercatrice/manager assiste a una conferenza di soli uomini facilmente si convincerà che in quella disciplina per lei non c’è posto, che anche se studia, lavora e produce, nella sua carriera non sarà la benvenuta sul palco. Non avere qualcuno a cui ispirarsi è un problema e innesca un circolo vizioso”.

I risultati dal lancio di ‘The Brussel Binder’ sono arrivati presto, “siamo arrivati a 1.400 donne iscritte e oggi riceviamo spesso contatti da organizzatori di eventi che ci chiedono come fare e chi invitare per evitare di avere programmi tutti al maschile, tra l’altro nel nostro sito c’è anche una sorta di kit, un manuale in 10 suggerimenti per assicurare equilibrio di genere nelle conferenze”, sottolinea Maniga. Il database sta crescendo, e con lui i progetti per il futuro: “Abbiamo vinto un bando europeo, con 330mila euro di finanziamento, per creare una vera e propria comunità, un network di database locali, una piattaforma paneuropea”.

In Italia esiste l’esempio di ‘100 esperte’ , banca dati online lanciata dall’Osservatorio di Pavia e l’associazione Giulia, in collaborazione con la Fondazione Bracco e con il supporto della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, nata nell’ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), un settore storicamente sotto-rappresentato dalle donne e al contempo strategico, e poi allargato anche all’economia e alla politica internazionale.

“È importante sensibilizzare in tutti i modi sul problema – conclude Maniga -, a livello teorico non sono favorevole alle cosiddette quote rosa, ma se queste sono un mezzo per raggiungere l’obiettivo finale sono necessarie, serve un cambio culturale, che comincia con la presa di coscienza del problema”.

Marzia Piga

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