Totalmente privo di efficacia il “Piano paesaggistico elettorale”

Concetti ribaditi, per la Sardegna, anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 2006 che la delibera n.45/2 dello scorso 25 ottobre della giunta regionale richiama per affermare la legittimità dell”aggiornamento e revisione” del Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna con essa disposta disgiuntamente, e non congiuntamente, dal Ministero dei beni culturali:

“Il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione (Sardegna) attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme economico-sociali”: e ciò anche sulla base del titolo di competenza legislativa nella materia …. tutela del paesaggio di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione; con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna”.

Ebbene, l’articolo 135 del codice del paesaggio nello stabilire che l’elaborazione dei piani paesaggistici debba avvenire congiuntamente tra Ministero e Regioni, si pone la precisa finalità che “lo Stato e le Regioni assicurino che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono”.

Si tratta di una procedura di assoluto valore sostanziale che serve ad assicurare una congiunta e ponderata valutazione da parte di Stato e Regione degli interessi in gioco in campo paesaggistico affinché si assicurata l'”adeguata salvaguardia” del territorio dal punto di vista del paesaggio anche ai sensi dell’articolo 9 della Costituzione secondo il quale “la Repubblica ….tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Le ragioni di carattere costituzionale di tutela e di salvaguardia del paesaggio impongono, cioè, che in tutte Regioni, nessuna esclusa, l’approvazione del piano paesaggistico regionale provenga da un atto adottato congiuntamente dallo Stato e dalla Regione considerata.
Tale procedura, in quanto prevista dall’articolo 135 del D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, qualificabile come norma di grande riforma economico-sociale, prevale, ai sensi dell’articolo 3 dello statuto sardo e dell’articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, sulla potestà legislativa primaria della nostra Regione.

Ed è proprio nel rispetto di tale norma che le attività di aggiornamento del Ppr del 2006 erano state avviate unitariamente, lo scorso primo marzo, da Regione e Ministero dei beni culturali a seguito della sottoscrizione di un dettagliato accordo sottoscritto in pari data nel quale si faceva espresso riferimento, richiamandolo, all’analogo accordo del 19 febbraio 2007 tra il presidente Soru ed il Ministro Rutelli.

Nell’accordo veniva deciso che “la collaborazione istituzionale tra Ministero e Regione” venisse “svolta nell’ambito di una Commissione tecnica” paritetica con l’avvertenza che qualsiasi decisione della stessa Commissione sarebbe diventata obbligatoria per Stato e Regione solo se “approvata congiuntamente dal direttore regionale del ministero e dal direttore generale dell’urbanistica della Regione”.

Un accordo blindato, dunque, in ossequio all’articolo 135 del codice del paesaggio precedentemente richiamato e totalmente ed unilateralmente disatteso, invece, senza alcun preavviso, con la delibera della giunta regionale n.45/2 del 25 ottobre scorso. C’è da chiedersi, al di la della violazione dei precetti costituzionali, come possa ritenersi obbligatorio per lo Stato, in base al citato accordo, una decisione della Regione non “approvata congiuntamente dal direttore regionale del ministero e dal direttore generale dell’urbanistica della Regione”.

Quanto ai richiamati, da Cappellacci, ritardi dei dirigenti del Ministero nell’approvazione dei verbali della Commissione tecnica, qualora tali ritardi ci siano realmente stati, la Regione avrebbe dovuto adottare gli ordinari rimedi interni (dalle segnalazioni scritte sino alla diffide) ma non certamente intraprendere una procedura autonoma in violazione, tra l’altro, del principio di “leale collaborazione” tra Regione e Stato.

La delibera della giunta regionale di aggiornamento e revisione del Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna appena adottata resterà pertanto priva di efficacia, a meno che, come ha annunciato Cappellacci, non si ritenga di dover acquisire in seguito l’assenso del Ministero dei beni culturali oggi negato. Ma questo sarebbe un altro discorso e, soprattutto, un’altra procedura da ripercorrere dall’inizio. Entrambe tali ipotesi, però, sono molto lontane all’orizzonte e, soprattutto, assai al di là delle prossime elezioni regionali.

Carlo Mannoni

 

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