Dalla Consulta un duro monito al nuovo Piano paesaggistico

Un monito alla Regione ed al suo presidente Cappellacci per la sospensione del procedimento di approvazione del nuovo Ppr, sostitutivo di quello approvato nel 2006 e tutt’ora in vigore, viene dalla recentissima sentenza (n. 308 dello scorso 17 dicembre) con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la norma regionale di sostanziale modifica del piano paesistico del 2006 e conseguente liberalizzazione delle costruzioni all’interno della fascia di 300 metri dalla linea di battigia delle zone umide (articolo 1, commi 1 e 2 della legge regionale 12 ottobre 2012, n. 20 – Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici).

Il monito puntualizza, dall’alto seggio del giudice delle leggi, una argomentazione che avevo sviluppato su Sardinia Post  lo scorso 30 ottobre con la quale sostenevo che il Presidente della Regione, abbandonando il procedimento di copianificazione del nuovo Ppr intrapreso con lo Stato, si era volontariamente infilato in una sorta di cul de sac in chiave pre elettorale, col solo scopo di ottenere consensi per un Ppr destinato a cadere, invece, tra non molto sotto la scure della Corte costituzionale.

La questione ruota intorno alla “competenza esclusiva” della Regione in materia di paesaggio, invocata da Cappellacci per giustificare il “facciamo da soli” e sganciarsi così dal procedimento di pianificazione congiunta Regione-Ministero dei Beni culturali intrapreso nel corso del 2013. La competenza primaria della Regione, riconosciuta da una sentenza della Corte Costituzionale ( n. 51 del 2006 ), soggiace, però, per la nostra Costituzione, ai limiti delle norme cosiddette di “riforma economico-sociale”, tra le quali, come sostenevo nel mio intervento, deve essere annoverato l’articolo 135 del “codice del paesaggio” (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni) che stabilisce, per una significativa parte dei beni paesaggistici, l’obbligo della elaborazione congiunta dei piani paesaggistici tra Ministero e Regioni.

L’opinione da me espressa risulta ora approfonditamente confermata dalla Corte Costituzionale nel contesto della sentenza n.308 del 17 dicembre scorso nella quale, nel premettere che “la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale”, fatto salvo il rispetto dei limiti espressamente individuati nell’art. 3 del medesimo Statuto in riferimento alle materie affidate alla potestà legislativa primaria della Regione (sentenza n. 51 del 2006), chiarisce che “Il legislatore statale, conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme economico-sociali”.

Tra tali leggi la Corte Costituzionale cita espressamente, con riferimento alla Regione Sardegna, ed “in particolare” come norma di “riforma economico-sociale”, “l’art. 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel testo in vigore dal 2008, il quale stabilisce, all’ultimo periodo del comma 1, l’obbligo della elaborazione congiunta dei piani paesaggistici tra Ministero e Regioni «limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d)”.

I predetti beni paesaggistici sono puntualmente indicati nell’articolo 2, primo comma, lettere b), c) e d) delle NTA (norme tecniche di attuazione) del Ppr appena adottato dalla giunta Cappellacci e, come parrebbe, di prossima approvazione. Eppure il nuovo piano paesaggistico è stato adottato e verrà verosimilmente approvato dalla Regione senza il congiunto pronunciamento favorevole del Ministero dei beni culturali.

Un’approvazione formale che verrà sostanzialmente bocciata dalla Corte costituzionale alla luce dell’orientamento espresso con la recente sentenza, a meno che il monito della stessa Corte non riesca a superare il Tirreno e, di rimbalzo dal palazzo di viale Trento a Cagliari, non irrompa nell’ufficio presidenziale di Villa Devoto mettendo il presidente della Regione davanti a una responsabilità alla quale non sarà facile sottrarsi.

Carlo Mannoni

Post Scriptum

Cappellacci ha riscritto il Ppr di Soru, ma stranamente ha tenuto in piedi, del vecchio piano, la classificazione dei “beni paesaggistici individuati e tipizzati” ai sensi dell’articolo 141, comma 1, lettera i) e dell’articolo 134, comma 1 lettera c) del codice dl paesaggio, articoli vigenti nel 2006 ed oggi abrogati. In questi beni paesaggistici sono compresi, per fare alcuni esempi concreti, la fascia costiera attualmente perimetrata dal Ppr e il compendio di Tuvixeddu.

Tali beni, assieme ad altri, dovrebbero oggi essere classificati tra gli “gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici” come previsto dall’articolo 134 del codice del paesaggio e per tale motivo rientrare nella pianificazione congiunta Regione-Stato.

Il mantenimento della vecchia classificazione di tali beni nel senso descritto li sottrae, invece, alla copianificazione Regione-Ministero dei beni culturali. Una improbabile concessione al Ppr di Soru o soltanto una furbizia di Cappellacci per andare più veloci sottraendosi al controllo del Ministero per i beni paesaggistici più sensibili?

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