Trivelle, scontro Soru-Ganau. Nel Pd sardo salta l’accordo di settembre

Il 23 settembre 2015 il gruppo Pd in Consiglio regionale (eccetto Gavino Manca) votò l’adesione della Sardegna al comitato promotore del referendum.

Ci mancavano solo le trivelle a ingarbugliare i già fragili equilibri del Pd sardo, riunito ieri a Oristano per discutere sul referendum del 17 aprile. È finita con uno scontro, l’ennesimo: da una parte il segretario Renato Soru che ha definito la chiamata al voto “doppiamente inutile per la nostra Isola“; dall’altra il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, durissimo contro il proprio leader: “Stupisce che un ex governatore non comprenda le ragioni che hanno spinto Basilicata, Sardegna, Marche, Molise, Puglia, Abruzzo, Veneto, Calabria, Campania e Liguria a rivendicare il proprio ruolo, la propria autonomia decisionale e la coerenza su un tema così delicato come quello energetico”.

Nel partito, di fatto, è saltato l’accordo del 23 settembre 2015, quando il gruppo Pd dell’Assemblea regionale, guidato dal soriano Pietro Cocco e col solo voto contrario di Gavino Manca, decise di chiedere il referendum abrogativo. Sulla stessa posizione dei 17 dem si schierarono gli altri 42 esponenti di maggioranza e opposizione.

Lo scontro tra l’eurodeputato e il presidente del Consiglio si è consumato a margine della Direzione. soruParlando coi giornalisti, Soru ha detto che “da parte di Ganau mi sarei aspettavo una motivazione più forte per un referendum di cui non capisco l’importanza e che ci ha messo in un vicolo cieco. Oggi ci troviamo a gestire un pasticcio dal quale dobbiamo cercare di uscire col minimo danno possibile”. A quella dichiarazione, il presidente dell’Aula ha risposto con una nota, diffusa alle 20,20. “Temo – ha scritto – che ancora una volta il segretario regionale abbia perso l’occasione per fare una sintesi corretta sulla Direzione, dove al contrario si è sviluppata una discussione ampia e rispettosa delle reciproche posizioni. Sulla sensibilità di Soru in tema di trivelle la dice lunga la convocazione dell’Assemblea regionale del Pd, fissata per il giorno precedente alla votazione referendaria”.

Sul merito del quesito del 17 aprile, Soru ha sottolineato: “In Sardegna è doppiamente inutile perché non ci sono piattaforme marine per l’estrazione di petrolio e gas e perché non dice nulla sulle trivellazioni in terraferma, già bocciate dal Pd”. Ganau, sempre attraverso la nota stampa, ha replicato: “Non si può sostenere che siccome nell’Isola non ci sono piattaforme in mare, lo sviluppo energetico del nostro Paese non ci riguardi. I sardi devono poter scegliere e dire la loro su un argomento così importante che andrà necessariamente a condizionare il loro futuro e quello dei propri figli”.

Per spiegare il cambio di rotta deciso dal Pd rispetto all’accordo di settembre 2015, bisogna prendere come spartiacque le dichiarazioni del 17 marzo scorso, quando sul referendum i vicesegretari nazionali Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini invitarono all’astensione. ganauIn Sardegna Ganau fu l’unico a prendere posizione, definendo il “Governo unico irresponsabile: sarebbe stato sufficiente – scrisse il presidente dell’Assemblea sarda – che l’Esecutivo ascoltasse le Regioni e rinunciasse a prorogare le concessioni per trivellare entro le 12 miglia”.

Soru, che è il primo dei renziani isolani, certamente il più vicino e ascoltato dal premier, a differenza di Ganau non ha rotto le righe e anzi si è allineato ai richiami nazionali lasciando libertà di voto, ma senza chiarire le proprie intenzioni. In difesa di Renzi, il segretario-eurodeputato ha anche attaccato l’assessore ai Lavori pubblici, Paolo Maninchedda, ‘reo’ di “aver contestato l’azione del Governo”.

Al netto di come andrà a finire la consultazione del 17 aprile, lo scontro sardo sulle trivelle non potrà che lasciare strascichi sul campo. Per una seconda ragione emersa a Oristano: con l’obiettivo di chiarire la posizione del Pd regionale sulla politica energetica, Soru ha fatto riferimento al documento Sardegna carbon free 2040 “votato a giugno e nel quale si traccia il percorso verso l’affrancamento dalle energie combustibili fossili con un decennio di anticipo rispetto al traguardo indicato dall’Unione europea”, ha detto.

Ma fu proprio su quel documento che il 19 maggio 2015 cominciò la crisi nell’ex maggioranza interna: gli alleati di Soru, con le correnti di Antonello Cabras, Paolo Fadda e Silvio Lai, fecero mancare il numero legale. Sardegna Carbon free venne considerato una fuga in avanti dei soriani rispetto al Piano energetico regionale che allora la Giunta di Francesco Pigliaru non aveva ancora approvato. Tanto che nella Direzione del 13 febbraio scorso, Giacomo Spissu, portavoce dell’ex maggioranza, ha citato il documento tra le cause che hanno portato l’area popolare-riformista a chiudere col segretario, perché “venuto meno il rapporto di fiducia”.

Al. Car.
(@alessacart onn Twitter)

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