Sulla legge appena nata l’ombra dell’incostituzionalità

La Sardegna ha una nuova legge elettorale, e con quella si andrà a votare alle Regionali di febbraio 2014. Così hanno deciso 61 onorevoli (7 i contrari, 6 gli astenuti).

La Sardegna ha una nuova legge elettorale, e con quella si andrà a votare alle Regionali di febbraio 2014. Così hanno deciso 61 onorevoli (7 i contrari, 6 gli astenuti). La maggioranza assoluta, dunque. E questo mette la nuova legge al riparo da un referendum. Ma le donne non potranno fare affidamento sulle doppia preferenza che – al momento – resta fuori dal pacchetto normativo. L’unica rappresentanza di genere è garantita nelle liste: a ciascuno dei due sessi dovrà essere assicurato almeno un terzo delle candidature.  E’ sufficiente questo a garantire l'”equilibrio” nella rappresentanza dei generi richiesto dalla legge costituzionale del febbraio  scorso e quindi a preservare la nuova normativa dal rischio di incostituzionalità?  Non tutti ieri, nel consiglio regionale, ne erano convinti.

VOTO NOTTURNO. Dunque, arriva la fumata bianca su una legge elettorale “zoppa”. Sonora è stata la bocciatura all’emendamento presentato da Renato Soru (Pd) che, venerdì, si era detto molto perplesso sulla doppia preferenza, e dopo la sua bocciatura aveva presentato un emendamento che prevedeva l’istituzione di una sorta di “riserva rosa”, con il 30 per cento di seggi garantiti alle donne, in automatico. «Pulsione al pentimento», ha tuonato Paolo Maninchedda (Psd’Az), uno dei dodici che ha comunque detto “sì” alla proposta dell’ex governatore. Ma solo provocatoriamente, «per spingere l’Aula a correggere subito il tiro». Il Consiglio ha detto no all’elemdamento-Soru con 42 “no” e 16 astenuti.

IL PROPOSITO. Di certo, da pomeriggio a notte, soprattutto nel centrosinistra si ripete in continuazione che è stato un autogol del consiglio la mancata approvazione della doppia preferenza. Tanto che Gabriella Greco, la relatrice del testo normativo, si dimette dall’incarico all’inizio della seduta.  Pd e alleati (proposta dell’ex Idv Adriano Salis) promettono di salvare le donne nelle prossime settimane, attraverso «una proposta di legge in un solo articolo», per rimettere in gioco la doppia preferenza. Così come aveva provato a fare Giuseppe Cuccu, ma l’emendamento del consigliere democratico è stato dichiarato inammissibile dal presidente Claudia Lombardo. Per la semplice ragione che riproponeva una norma già bocciata dal Consiglio.

BATTAGLIA POSSIBILE. Sul rischio di incostituzionalità, Cuccu sottolinea: «Secondo me, la soglia minima di genere da assicurare nelle liste, mette la legge al riparo da eventuali ricorsi». Di segno opposto la posizione di Franco Meloni (Riformatori): «È una boiata non aver inserito la doppia preferenza. Io credo che senza rappresentanza femminile la legge sia incostituzionale, ma nel nostro Paese non c’è mai certezza di nulla, specialmente nel diritto». Di sicuro, a votare “no” sono stati Maninchedda (Psd’Az), Claudia Zuncheddu (Sardigna libera), Giuseppe Stocchino (Prc) e i tre di Sel. Ovvero, Daniele Cocco, Carlo Sechi e Giorgio Cugusi. Ma solo di sapere chi sia il settimo contrario. E potrebbe essere ancora un sardista.

GLI SBARRAMENTI. A febbraio, quando si apriranno le urne delle Regionali, ci sarà la doppia soglia per rientrare nella distribuzione dei seggi. Le coalizioni dovranno superare il 10 per cento (sgambetto servito alla possibile nuova alleanza sovranista), mentre i partiti che corrono da soli hanno l’obbligo di arrivare al 5. Inizialmente era stata prevista anche una fascia minima di voti (al 3 per cento) per le forze presenti all’interno delle coalizioni, ma destra e sinistra si sono accordati e l’hanno cancellata.

PREMI DI MAGGIORANZA. La convergenza tra maggioranza e opposizione è stata piena sui seggi aggiuntivi, da assegnare d’ufficio alla Coalizione che vince. Quindi: si avrà diritto al 60 per cento degli scranni (36 su 60), nel caso in cui si superi il 40 per cento dei consensi. Diversamente, la proporzione sarà 33 a 27, quando i voti totali sono compresi in una forbice tra il 25 e il 40 per cento. Ma c’è un paradosso: i seggi verranno divisi senza premio e con sistema proporzionale, nel caso in cui uno schieramento superi il 60 per cento di consensi.

NIENTE LISTINO. Sono archiviate pure le candidature blindate, finora possibili attraverso l’inserimento nel listino del presidente. Si poteva arrivare a sedici, partendo da un minimo di otto. In buona sostanza, quelli erano i “nominati” dell’Aula.

DIMISSIONI VIETATE. In Aula è calato lo sgomento (e subito una sospensione chiesta) su un emendamento presentato da Mario Diana, l’ex pidiellino (oggi nel gruppo Sardegna è già domani) che venerdì si era assunto la responsabilità di chiedere il voto segreto sulla doppia preferenza. Diana ha incassato un’altra vittoria: se un presidente della Regione si dimette, non si può ricandidare al successivo giro, è la nuova regola. Un argine alla possibilità (se ne parla da tempo nel mondo politico) di dimissioni autunnali del governatore Cappellacci per sciogliere il consiglio con qualche mese di anticipo e riproporsi ai sardi spiazzando gli avversari. Qualcosa di simile a quanto fece – senza successo – Renato Soru nella precedente legislatura. L’emendamento approvato ieri notte impedisce operazioni del genere: se il governatore si dimette, deve restare a casa.

Alessandra Carta

 

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