Paci: “Non sono indipendentista. Ma l’interesse dei sardi è davanti a tutto”

“Il Partito dei Sardi non ci sta chiedendo di diventare indipendentisti, né noi impediamo loro di esserlo”. Intervista all’assessore alla Programmazione, Raffaele Paci.

“Il Partito dei Sardi non ci sta chiedendo di diventare indipendentisti, né noi impediamo loro di esserlo”. In questa intervista a Sardinia Post, l’assessore alla Programmazione, Raffaele Paci, tira le somme sulle dichiarazioni fatte stamane dal segretario nazionale Francisco Sedda e dai cinque consiglieri regionali del Partito che hanno convocato una conferenza stampa per spiegare la rotta interna. Così all’indomani delle dimissioni del loro leader, Paolo Maninchedda, da assessore ai Lavori Pubblici nella Giunta isolana, di cui Paci è il vicepresidente.

Assessore, è pronto all’indipendentismo di governo, come ha chiesto oggi il Partito dei Sardi?

La frase del segretario Sedda è bella. Io ero fermo al partito di lotta e di governo.

Una delle rivendicazioni fatte da Sedda la riguarda la vicino: per difendere la legge sull’Agenzia sarda delle entrate (Ase), impugnata dal Governo lo scorso dicembre, il Partito dei sardi chiede una grande mobilitazione di piazza.

Io credo che il Governo abbia sbagliato a presentare ricorso davanti alla Consulta. Soprattutto perché l’oggetto del contendere è solo l’articolo 3 della legge: una dichiarazione programmatica. Si è scritto che in futuro la Regione punta a prevedere forme di riscossione diretta dei tributi statali. Né più né meno di quanto è previsto per la Provincia autonoma di Trento. Vero che attualmente la legge dello Stato ce lo impedisce. Ma appunto l’articolo 3 è un’ipotesi di lavoro. Peraltro, in uno dei tavoli aperti con Roma stiamo trattando perché i 7/10 di Irpef e di Ires e i 9/10 di Iva ci vengano direttamente accreditati.

Ricorso a parte, l’Agenzia sarda delle entrate funzionerà al momento a mezzo servizio: la Regione può riscuotere unicamente i tributi propri, come l’addizionale regionale Irpef e l’Irap.

L’Agenzia sarda delle entrate è un traguardo enorme: vuol dire che saremo più autonomi, efficienti e riusciremo a farci riconoscere tutte le entrate che ci spettano. Non avremo il dubbio che qualcosa non sia arrivata nelle nostre casse. Il ricorso del Governo non ha affatto fermato l’Ase, la cui istituzione va avanti: la legge è perfettamente operativa. Stiamo cercando il direttore generale.

L’Ase non vi divide dal Partito dei Sardi. Come Giunta siete pronti a scendere in piazza per difenderla dal ricorso davanti alla Corte Costituzionale?

Il nostro Esecutivo è rappresentato dal presidente Francesco Pigliaru, eletto direttamente dal popolo. Spetta a lui decidere quale approccio in difesa dell’Ase. Ma la legge è stata votata all’unanimità dalla maggioranza. Anche il centrodestra non ha mai nascosto il proprio interesse sul tema.

Il segretario Sedda dice che sopra la Sardegna c’è “un soffitto di vetro che impedisce all’Isola di respirare a pieni polmoni”. Questo soffitto sarebbe lo Stato italiano.

Questa Giunta ha sempre tenuto la schiena dritta. Per noi, come più volte ribadito dallo stesso presidente Pigliaru, non esistono governi amici e governi nemici. Con le istituzioni si tratta da una posizione di pari dignità. L’interesse dei sardi è sempre stato messo davanti a tutto. Altra cosa è l’essere riusciti o meno a portare a casa il risultato, ma non sempre si vince. Tuttavia sono diversi i tavoli aperti a Roma: dopo la vertenza entrate chiusa con un ottimo risultato con l’approvazione delle norme di attuazione, dopo il pareggio di bilancio, stiamo lavorando alla riduzione degli accantonamenti, così come all’accesso della Sardegna ai fondi nazionali per i farmaci innovativi. L’assessore Erriu ha chiesto l’inclusione delle Province sarde nella ripartizione delle risorse statali. Pensiamo anche alla rivendicazione del presidente sul riconoscimento dell’insularità o sul potenziamento delle infrastrutture. Idem sulla riduzione delle servitù militari.

Detta così, i margini ci sono tutti per ricucire col Partito dei Sardi.

La nostra maggioranza è variegata. Ma ha sempre prevalso lo spirito di coalizione. Non vedo ostacoli perché ciò non avvenga anche stavolta. Il Partito dei Sardi non ci sta chiedendo di diventare indipendentisti.

Però un po’ sta alzando la posta?

Non direi. Il Partito dei Sardi non ha detto di voler una clausola indipendentista nel programma di governo. Né ora potrebbe farlo visto che quello sottoscritto nel 2014 non lo prevedeva. E non si tratta di un documento senza valore giuridico. Anzi: viene depositato in Tribunale all’atto delle candidature.

Nella nuova posizione del Partito dei Sardi non vede nemmeno uno spot elettorale?

Le amministrative sono vicine. Ma io non colgo legami con le decisioni maturate negli ultimi giorni. A partire dalle dimissioni dell’assessore Maninchedda.

Ecco: se le aspettava?

Paolo in più di un’occasione aveva manifestato stanchezza, come ribadito nella sua lettera, in cui fa riferimento a ragioni personali oltre che politiche, non lo nascondo. Non mi aspettavo che lasciasse proprio adesso, questo no. In questi anni ha fatto davvero un ottimo lavoro.

Il successore di Maninchedda potrebbe essere Sedda. Conferma?

Davvero non lo so.

Nel frattempo il governatore ha assegnato a lei l’interim dei Lavori pubblici.

Il Partito dei Sardi ha tutto il tempo per aprire il confronto al proprio interno e decidere a chi affidare la guida dell’assessorato. A parte che nemmeno Maninchedda ha escluso un proprio ritorno.

Adesso protesta il Partito dei Sardi, domani chissà. Non vi sentite tirati per la giacchetta?

Io credo che tutte le rivendicazioni maturate in maggioranza debbano far parte di un’unica agenda politica. Dobbiamo sfruttare gli ultimi due anni e mezzo di legislatura per costruire una piattaforma unitaria. La posizione espressa dal Partito dei Sardi non può che essere uno stimolo. Poi, ribadisco: lo stile della rivendicazione con Roma lo deve decidere il presidente della Regione.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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