L’ex Alcoa di Portovesme, da un anno passata in mano agli svizzeri di Sider Alloys, rischia di non ripartire. Il problema ruota intorno alle agevolazioni sul costo dell’energia, volute dall’ex ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, che aveva curato in prima persona la cessione dello stabilimento inserendo nell’azionariato anche Invitalia, l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti.
Il piano Calenda, però, rischia di naufragare perché il Governo gialloverde non sarebbe intenzionato a confermare i bonus per l’energia, sui quali la Sider Alloys ha sempre fatto affidamento. A sollevare il caso, sulle pagine del Corsera, è Giuseppe Mannina, amministratore delegato del gruppo svizzero. L’Ad, pur senza citarlo, si rivolge a Luigi Maio, attuale titolare dello Sviluppo economico. Gli impianti ex Alcoa sarebbero dovuti ripartire lo scorso maggio per entrare a regime a settembre dello stesso 2018 con l’obiettivo di salvare 376 buste paga.
A Portovesme, invece, non si è ancora mosso nulla. E cresce pure la preoccupazione dei sindacati, visto che per gli ex dipendenti sono finite sia la cassa integrazione sia la mobilità. E senza la ripresa della produzione non può nemmeno avanzare un’altra ipotesi del piano Calenda, ovvero l’ingresso dei lavoratori nell’azionariato di Sider Alloys.
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Sul caso della Syder Alloys questa mattina è intervenuto con una nota Pino Cabras, deputato del Movimento 5 Stelle, nel 2018 eletto nel collegio uninominale del Sulcis. Secondo il parlamentare l’azienda non ha ancora presentato un piano industriale credibile: “Non abbiamo visto cosa ci sia dietro i numeri dei conti economici né abbiamo visto un piano finanziario. Non ci sono i contorni di un eventuale accordo sul prezzo dell’energia. Nel caso che il piano di rilancio del polo dell’alluminio non riuscisse, dobbiamo tutti prepararci a una sorta di piano B”.
