Mereu e la passione per il bilinguismo: “Così ho tradotto i classici in sardo”

All’università di Stoccarda, dove ha collaborato al lettorato di lingua e civiltà sarda, i suoi allievi non potevano credere che quella bionda dal perfetto accento teutonico, e dalla pronuncia fortemente aspirata, fosse di origini sarde. Barbaricina, per l’esattezza. Quaranta anni, viaggi in mezza Europa per accedere a titoli e master di specializzazione in lingua e letterature straniere, Manuela Mereu è docente abilitata di Lingua e civiltà tedesca nelle scuole superiori e ha rappresentato la Sardegna al primo incontro delle filiali di Biligualism Matters dell’università di Edimburgo, ateneo che fonda il suo prestigio internazionale (anche) sulle ricerche e sull’apprendimento delle lingue.

Figlia della riforma renziana ‘La Buona Scuola’ – che negli anni passati ha sparpagliato per gli istituti scolastici d’Italia molti insegnanti isolani – oggi Mereu pubblica e traduce dal tedesco al sardo, studiando nuovi percorsi didattici per le lingue minoritarie. “Sono nata a Fonni, mi sono laureata a Cagliari, ho vissuto all’estero e da tre anni vivo e insegno a Portoferraio. All’Isola d’Elba, il Circolo dei sardi Bruno Cucca mi ha accolto come fossi una di famiglia, sono passata di ruolo come insegnante di tedesco e oggi l’idea di raggiungere velocemente in macchina Pisa, Firenze o Roma durante il fine settimana la trovo decisamente accattivante”. Insomma, la nostalgia sarà anche canaglia, ma la Sardegna per adesso può attendere.

Il pallino della Mereu è il bilinguismo, nel senso della ricchezza che la conoscenza scritta e parlata di due lingue, offre. Una passione che l’ha portata a realizzare un sogno coltivato da tempo: tradurre dal tedesco al sardo due tra i più grandi capolavori della letteratura di tutti i tempi, Sa metamòrfosi (La metamorfosi) di Kafka, pubblicato nel 2011 e, due anni dopo, Sos patimentos de unu giòvanu (I dolori del giovane Werther) di Goethe. Un progetto finanziato dalla Regione Sardegna e portato avanti dalla Condaghes, casa editrice cagliaritana da anni impegnata nella valorizzazione e diffusione della letteratura in lingua sarda. Tre anni di studio matto, un’impresa tutt’altro che semplice, come riportato nella bella intervista uscita qualche tempo fa sul Corriere Elbano a firma di Giusi Brega.

“Le lingue che smettono di essere trasmesse da una generazione all’altra scompaiono – commenta Mereu con tono preoccupato – per questo l’insegnamento ai più giovani è fondamentale. Spesso si ritiene che gli individui bilingui non raggiungano competenze pari a quelle dei monolingui, con evidenti conseguenze di emarginazione rispetto all’uso della lingua locale”. Detto in altre parole: se la bellezza è differenza e molteplicità, come asserivano gli antichi, in un mondo sempre più globalizzato la scomparsa delle lingue minoritarie può significare la scomparsa di piccoli frammenti di civiltà. “Per questo è importante non considerare il sardo una lingua inutile, ma uno strumento fondamentale per tramandare cultura e sapere, da apprendere sin da giovanissimi, sia in famiglia che tra i banchi di scuola”.

E proprio per studiare gli effetti dell’utilizzo del sardo sin dalla tenera età, Mereu assieme alla linguista Maria Garaffa e ad Antonella Sorace, titolare della cattedra di Linguistica acquisizionale e direttore del centro di ricerca di Edimburgo, nel 2014 ha curato il progetto Su bilinguismu Sardu-Italianu: linguàgiu e cognitzione, il primo lavoro sistematico nella provincia di Nuoro sulle abilità linguistiche e cognitive nei bambini bilingui in un’età compresa tra i 6 e gli 8 anni. I risultati? Sorprendenti. “I bimbi che parlano due lingue risultano più svegli e intuitivi. E, di sicuro, imparano più in fretta”.

Donatella Percivale

 

 

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