“L’ultimo pugno di terra”, doc senza luoghi comuni sulla Sardegna di 50 anni fa

Un film può concentrare su di sé, come tutte le opere d’arte, il livello estetico, il divenire della creatività, ma anche lo spirito dei tempi e, perciò, diventare emblematico e esemplare per l’interpretazione di un periodo storico ben definito. In questa categoria è ascrivibile “L’ultimo pugno di terra”, 1965, di Fiorenzo Serra (1921-2005), capolavoro del grande documentarista sardo, che sarà proiettato venerdì 18 giugno a Sassari (ore 18, nell’Aula Magna dell’Università), a completamento dell’edizione di un libro, pubblicato da “Il Maestrale” con doppio DVD, voluto fortemente dalla Società Umanitaria-Cineteca Sarda, dall’Università di Sassari e curato da Giuseppe Pilleri e Paola Ugo. Il lungometraggio di Serra, infatti, ha avuto una vita tormentata, quasi “maledetta”.

Nato su commissione dalla Regione Sardegna, la quale voleva dare visibilità ai presunti progressi del progetto di Rinascita, fu mostrato ai committenti nel 1964. Non piacque. Troppo limitati quei politici per capire la poesia e lo stile raffinato delle scene riprese da Serra, ma soprattutto infastiditi dall’insieme socio-economico dipinto dal cineasta. La Sardegna disegnata nell’ “Ultimo pugno di terra”, infatti, è una regione appena sfiorata dal piano di Rinascita, non compresa nelle sue vere esigenze, appesantita da strutture economiche ancora estremamente arretrate (si veda il bellissimo episodio ambientato nello stagno di Cabras), trascurata e poco valorizzata culturalmente.

Il film, comunque, è un appassionato atto d’amore per la Sardegna, ma i committenti politici lo trovarono inadeguato: avrebbero voluto quel genere di documentario patinato e falso, che pubblicizzava un’isola dei sogni, come tanti filmati girati in quegli anni in cui si delineavano gli stereotipi pacchiani sulla Sardegna. “L’ultimo pugno di terra”, da quel momento, subirà tagli e mutamenti. Vincerà il premio “Agis” al Festival dei Popoli di Firenze in una versione, però, mutilata e, nel corso dei decenni, si conteranno ben quattro versioni diverse (tre lungometraggi e un corto), alcune rielaborate dallo stesso Serra. Ora, finalmente, la versione originale, restaurata, potrà essere vista nei due DVD proposti insieme al volume che li accompagna.

Il testo presenta alcuni saggi firmati dai docenti universitari Antioco Floris e Maria Margherita Satta, dal critico cinematografico, nonché fine esperto del regista sassarese, Gianni Olla, dalla funzionaria della Regione Micol Raimondi, che ha curato pure gli extra dei DVD, dalla figlia di Fiorenzo Serra, Simonetta Serra, con un un contributo di Giuseppe Pisanu intervistato da Gianni Olla e Antonello Zanda. Infatti, Pisanu contribuì con il meglio degli intellettuali sardi dell’epoca (tra cui Antonio Pigliaru, Luca Pinna, Michelangelo Pira e molti altri) all’ideazione e alla realizzazione dell’ “Ultimo pugno di terra”, convinti si trattasse di un’opera capace di narrare la nostra isola con strumenti interpretativi seri e, nello stesso tempo, poetici.

Così come del film si era innamorato il grande Cesare Zavattini, citato nei titoli di testa nella veste di “consulente artistico”. Nel suo diario di vita e di cinema “Straparole” descrive la bellissima sequenza del gregge di “Ultimo pugno di terra” in una pagina che trema di commozione: “Ho visto nascere una pecora nel lungo documentario che Fiorenzo Serra sta girando, è sgorgata fuori come una bolla di sapone…(in un’altra sequenza si vedono) centinaia di pecorelle candide su un prato ondulato, che avranno avuto appena una settimana di vita, si spostano tutte insieme da un punto del prato a un altro, leggere, leggerissime come se avessero aria sotto i piedi.”

Elisabetta Randaccio

 

 

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