‘Fino in fondo’, il docu-film sul Sulcis che ha fame. Alla regia due sardi

Il grande cancello della fabbrica che si chiude. I caschetti da lavoro battuti rumorosamente in terra. La rabbia e la disperazione di chi rivuole il proprio lavoro e la speranza di un futuro. Parte da qui il racconto di ‘Fino in fondo‘, film verità di Tommaso Mannoni e Alberto Badas che ieri ha portato alla Camera dei deputati la storia della lotta operaia nel Sulcis Iglesiente.

È la storia di un territorio che, sin dai tempi delle miniere di carbone, si è trovato dilaniato tra le promesse della grande industria estrattiva e la disillusione di vedere chiudere gli impianti dall’oggi al domani. Non a caso qui, come raccontano le tante testimonianze in presa diretta, le lotte di sindacato hanno segnato alcune delle pagine più importanti del suo passato. Mannoni e Badas hanno raccolto le testimonianze degli ex ragazzi delle miniere, ritrovato materiali d’archivio delle fabbriche negli anni ’70, ma soprattutto per due anni hanno seguito le proteste dei lavoratori Alcoa, i cortei a Roma, le trincee intorno agli impianti e gli scontri con la polizia, fino ai sit in dei ‘figli del Sulcis’, che un futuro non hanno fatto in tempo neanche ad immaginarlo, tra impianti chiusi, territorio da bonificare e politica immobile.

“L’Alcoa era il sogno di tutti”, racconta qualcuno. “In appena un anno – aggiungono gli esperti – la chiusura del polo industriale ha lasciato senza lavoro 40 mila persone, più tutti gli occupati dell’indotto. Qui è come se fosse sparito un villaggio da 500-600 mila persone l’anno, per sei anni”.

Il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, intervenuto alla proiezione, ha commentato: “Non credo che lo sviluppo della Sardegna dipenda dalla produzione di alluminio. Ma che le condizioni di benessere e lo sviluppo nei prossimi 10 anni di una parte del Sulcis dipendano crucialmente dall’alluminio, sì. Bisogna però creare le condizioni perché questo accada. Con gli operai sto incrociando le dita. Abbiamo un compratore al tavolo e le sue richieste siano ragionevoli: un prezzo dell’energia che consenta la competitività e sia assicurato. Intorno all’Alcoa stiamo costruendo un prototipo e siamo vicinissimi all’obiettivo. Ma bisogna vedere quanto siamo credibili, perché l’incertezza fa fuggire qualunque investitore sano”.

Quanto alla sostenibilità, incalza il presidente della commissione Industria del Senato, Massimo Mucchetti, “tutti quei denari spesi in questi anni non sarebbe stato utile investirli in un modo migliore?“. “Noi abbiamo competenze che nel mondo hanno valore – rispondono i delegati Rus Alcoa e Portovesme, Bruno Usai e Antonello Pirrotto -. Lo Stato deve entrare in certi meccanismi altrimenti il paese è morto”. Senza contare, aggiungono, “che tutti gli analisti sanno che nel 2017 il prezzo dell’alluminio sarà altissimo”.

“Sono consapevole dei numeri – aggiunge Pigliaru – ma 10 anni di sussidio ragionevole è una soluzione per dare tempo a un territorio di cambiare pelle e per dire ai figli del Sulcis: ‘Studia per guardare a un futuro in cui puoi fare anche qualche altra cosa oltre l’alluminio”. Non solo il Sulcis, però, aggiunge il presidente del Gruppo Misto Sel del Senato, Loredana De Petris, “tutta la Sardegna un futuro ha bisogno di costruirlo. Le multinazionali – aggiunge – cominciano ad andarsene dall’Italia ora che è arrivato il tempo delle bonifiche ambientali. A maggior ragione serve una transizione per porre le basi perché a noi non resti tutta la perdita secca più l’onore del risanamento”. Dopo un primo passaggio al Milano Film Festival, concludono i registi, “ora proveremo a portare questa storia anche al Sundance e al Tribeca“.

Daniela Giammusso
(Ansa)

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