Don Alemanno, Jenus di Nazareth e la comunione col pane carasau

Quasi 180mila mi piace su Facebook. Jenus di Nazareth è un fenomeno della Rete e del fumetto italiano. Perché da qualche tempo non si limita più a internet, ma ha una pubblicazione su carta edita da Magic Press. E non basta. Oltre alla storia a puntate, il 18 giugno è uscito il primo graphic novel, Apocalypse Rome, pubblicato da Mondadori. Insomma, il successo di Don Alemanno, una vita tra Monastir e Cagliari prima di trasferirsi a Milano, sembra inarrestabile. Battute al vetriolo, spesso al limite del blasfemo. Scherza coi fanti e pure coi santi. E lo fa con cognizione di causa. Ha letto la Bibbia, più versioni, non solo quella canonizzata. E l’ha letta in ebraico, per evitare di incappare in comuni errori di traduzione. Faceva il tecnico informatico ed è diventato un fumettista professionista, lui che dice di aver realizzato un «sogno nel cassetto rubato a un altro».

Come è diventato fumettista?

È stato un caso. Non ho mai pensato, immaginato o desiderato farlo. Ma, visto che non scrivo particolarmente bene e non disegno particolarmente bene, ho deciso di fare un po’ e un po’. Come quando parli con due scemi e insieme fanno un uomo sano.

Quando è nato Jenus?

Non c’è un momento esatto. Tutto deriva dalla mia passione per le Sacre scritture. Viviamo in una cultura cristiana ma molti non sanno nemmeno cosa vuol dire. Non conoscono la differenza tra essere cristiano ed essere cattolico e non hanno mai letto le Sacre scritture. Io l’ho fatto. Ho unito questo interesse a quello per la satira e il disegno. Ed è nato Jenus.

E l’idea di un Gesù vendicatore che ha tutte le risposte ma non le ricorda? Come le è venuta?

L’amnesia non saprei. Forse deriva in parte da un’espressione che spesso usa mia madre quando io scherzo sui Santi. «As’a benni a biri», una sorta di anatema nemmeno troppo velato. Così mi sono immaginato davvero un ritorno da vendicatore, aggiungendo però questo elemento del battere la testa e perdere la memoria.

Sua madre è religiosa quindi. Come l’ha presa?

È una mia grande sostenitrice e nel suo piccolo diffonde il verbo tra colleghi e parenti. Appartiene a quella categoria di credenti con raziocinio. Sembra un ossimoro, ma non è l’unica. Ci sono anche preti che hanno abbandonato l’elemento del dogma e la vivono in modo molto più spirituale. Ho conosciuto padre Stefano Gorla, il direttore del Giornalino, e con me ride e scherza tranquillamente.

E Don Alemanno crede?

Non me ne frega niente. Non mi posso definire nemmeno ateo, perché l’ateismo è già una fede. Forse potrei essere un agnostico, ma mi piace definirmi un razionalista.

Come si fa ad approcciare un testo sacro con la razionalità?

Per me la Bibbia è un libro che racconta la storia del popolo ebraico guidato da un individuo che si chiamava Yahweh. Non era un dio, ma un comandante di guerra molto potente e vendicativo. Uno sterminatore che faceva sacrificare i bambini e bruciare i loro corpi perché i fumi prodotti lo placavano. Tutto scritto nella Bibbia. Solo col tempo è stato trasformato in un dio.

Quanto è importante conoscere tutto questo per lei?

Per il mio lavoro è fondamentale. Come potrei far satira su un argomento che non conosco? Una volta ho provato a fare una vignetta su Maometto, ma è rimasto un caso isolato. Non conosco abbastanza l’islam.

E come è nata questa passione per i testi sacri?

Vedere, anche nel mio paese, tanta gente pronta a tutto per il santo patrono, che diventava anche più importante dell’Altissimo, mi ha incuriosito. E ho iniziato a documentarmi per capire dove stavano le distorsioni della fede.

Torniamo al suo lavoro. Come è avvenuta l’esplosione di like su Facebook?

Ho iniziato a pubblicare le prime vignette nel febbraio 2012. Disegnavo col mouse su paint mentre ero al lavoro. Erano i primi capitoli del libro, poi sarebbero venute le pillole autoconclusive. La prima ha avuto un discreto numero di condivisioni, ma il successo arrivò con la vignetta del cammello nella cruna dell’ago. Fu condivisa dallo Zoo di 105 sulla sua pagina e passai da 2.000 a 5.000 like. Da lì è iniziata l’escalation.

Quando ha iniziato a diventare un lavoro?

Quando nel 2013 ho conosciuto Angius e Dexter, che hanno iniziato a occuparsi della parte social, ho potuto puntare solo sul disegno.

E l’offerta di Magic Press?

Pensavo che nessuno fosse così pazzo da pubblicare una roba del genere. Sono stato contattato da una casa editrice minore e ho pensato che potevo propormi. Ho fatto una brochure e l’ho inviata ad alcuni editori del settore. Magic Press mi ha risposto, ci siamo incontrati e abbiamo iniziato l’avventura insieme. Senza nessun tipo di censura da parte loro.

Come è stato accolto Jenus nel mondo dei fumetti?

Chi per bravura ed esperienza si sarebbe potuto permettere di snobbarmi, si è rivelato il migliore. Parlo si Silvia Ziche e Leo Ortolani, per esempio. Altri che invece se la cantano e se la suonano da soli si sono sentiti minacciati e hanno iniziato a criticarmi pesantemente su internet, pubblicamente. Sulla pagina Facebook ‘Fumetti disegnati male’ è stata addirittura indetta la settimana contro Jenus.

Le vendite però vanno bene.

Sì sì. Il numero 1 viaggia in terza ristampa. Siamo intorno alle 13 mila copie vendute e la conta prosegue. Alcuni si affezionano, altri mollano, altri ancora arrivano nuovi. Anche perché io cerco di essere sempre presente alle fiere e far divertire le persone.

Come?

Jenus non è solo un fumetto, ma un vero pacchetto di intrattenimento. Nei nostri stand celebriamo le messe, do la Comunione col pane carasau, ho celebrato un matrimonio con messa cantata e fatto un battesimo. E la gente si diverte.

E i personaggi citati nei suoi fumetti? Magari quelli si divertono meno.

Purtroppo da nessuno di loro ho ricevuto un feedback diretto. E dico purtroppo perché quando ho iniziato avevo due obiettivi: il primo era dare fastidio, il secondo prendermi una querela. Ci sto provando in tutti i modi, con Claudia Kohl, Bruno Vespa, Paolo Brosio. Addirittura la Feltrinelli non voleva esporre le Pillole perché in copertina c’era Joseph Ratzinger che diceva la parola «pene». Volevano mettere un bollino ma mi sono rifiutato. L’hanno esposto e addirittura in Stazione Termini Jenus è piazzato accanto al libro di Karol Wojtyla. Alcuni su Facebook mi hanno minacciato, ma ancora nessuna querela. Aspetto fiducioso e sono sicuro che la perderebbero.

Programmi per il futuro?

Il 18 giugno è uscito Apocalyps Rome, primo graphic novel di Jenus. E poi ci saranno presto altre sorprese.

Gabriele Lippi

 

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