Careddu, il flauto magico dell’Isola: “Vorrei suonare coi Tenores di Bitti”

Silvia Careddu, il flauto sardo che ha stregato 40 milioni di telespettatori, da quattro anni vive nell’elegantissima Vienna. Prima ancora ha insegnato a Berlino e ha studiato a Parigi. Eppure, nonostante le trasferte nei templi della musica mondiale, sono le silenziose baie di Cala Soraja a Spargi o quelle di Santa Maria e Budelli, a morderle il cuore di nostalgia. Essere la prima musicista italiana (cagliaritana) entrata a far parte dei Wiener Philarmoniker, la più grande orchestra del mondo, ed essere stata applaudita in mondovisione in occasione del concerto di Capodanno diretto dalla prestigiosa bacchetta di Christian Thielemann,  la riempie di orgoglio. Ѐ l’Isola, però, la sua lontananza e la sua struggente bellezza a tormentarla. “Fino a qualche anno fa riuscivo a tornare in Sardegna anche tre, quattro volte all’anno, ed erano subito giorni di mare, di fughe in gommone anche fuori stagione, di camminate tra i boschi di ginepri ed elicriso. Adesso non ci riesco più, solo un paio di settimane ad agosto, per le sospirate vacanze”.

A che età ha lasciato la Sardegna?
A 19 anni. Forse troppo presto, chissà. So che molto spesso combatto col desiderio di lasciare tutto e tornare. La qualità della mia vita, del mio tempo, è decisamente peggiorata. Studio dalla mattina alla sera, soprattutto l’opera lirica che finora non avevo mai eseguito. Le ore che rimangono sono in teatro a suonare. Della Sardegna mi manca tutto: i profumi, il sole, il sorriso squillante di mia madre.

La musica è riuscita ad incantarla più del mare
La musica oggi è la mia vita. Quando suono tutto scompare: la fatica, la solitudine, la nostalgia. Ritorno leggera, felice, senza più pesi. Fare musica mi riempie di energia, mi ossigena. Non desideravo altro che suonare ad altissimi livelli. Ci sono riuscita.

Compromessi?
Molti, tutti i giorni. Siamo solo diciannove donne nell’orchestra dei Wiener, e la competizione è fortissima. Anche se viviamo nella modernissima Vienna, essere una musicista donna in una compagine tutta al maschile è faticoso. La prima che è riuscita a suonare con l’orchestra viennese è entrata nel 1997, poi lentamente le cose sono cambiate. Ma occorre sempre una grande concentrazione. E determinazione massima. Basta pochissimo per scivolare.

Ha mai pensato di mollare tutto?
Sì, ma le mie radici sarde me lo impediscono. Sono molto orgogliosa, non potrei mai tornare sui miei passi. Nei momenti più bui, ho giurato a me stessa che ce l’avrei fatta. Ho trasformato la disperazione in forza. E ora sono qui. Devo continuare a mettercela tutta.

Genio musicale sin da giovanissima?
Non direi. Ho studiato al Conservatorio perché mi piaceva il pianoforte, poi quando i miei mi dissero che date le dimensioni dello strumento non avrei mai potuto trasportarlo nella nostra casa di La Maddalena, mi sono lasciata convincere a suonare il flauto. Decisamente più leggero. Nelle aule cagliaritane, però, non era mai scoppiata la scintilla, avevo un’insegnante di flauto un po’ algida con cui non entravo in empatia. Fu durante un concerto al teatro Lirico di Cagliari, che mi accorsi per la prima volta della straordinaria bellezza di quella musica. Ero lì per ascoltare un caro amico, Riccardo Ghiani, primo flauto del Lirico. Ricordo ancora il pezzo, Fantasia sulla Carmen di Bizet firmata da Borne, e poi un lieder di Schubert. Rimasi frastornata. Un suono totalmente diverso da quello che ero abituata ad eseguire a scuola. Decisi di studiarlo, andavo tutti i mesi ad Oristano per seguire le straordinarie lezioni di Ghiani. Gli devo molto, me lo ha fatto amare.

Quale la musica che non smette di ascoltare?
Musicalmente amo le contaminazioni, i cortocircuiti, le scariche di energia. Mi affascinano i suoni ancestrali della Sardegna, la loro forza evocativa, per questo mi piacerebbe suonare coi Tenores di Bitti. Chissà, magari prima o poi organizziamo insieme un concerto per solo flauto e launeddas!

E magari prima o poi ritornerà a Cagliari?
Chi lo sa… L’ultima volta ci sono stata nel 2016, mi avevano invitata a suonare al Lirico. Una serata intima, per me bellissima, metà degli orchestrali che si trovavano nella buca erano tutti miei amici. Abbiamo condiviso con gioia la nostra grande passione e credo che il pubblico se ne sia accorto. Ho molti amici e molti ricordi a Cagliari, la città dove ho vissuto e studiato. Ma è La Maddalena, il paese di mia madre, dei miei sogni, della mia infanzia, il luogo in cui ho lasciato il cuore.

 

Donatella Percivale

(foto tratte dal sito e dalla pagina Fb di Silvia Careddu)

 

 

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