Un’Isola senza l’ospedale dei bambini. L’odissea dei piccoli pazienti

“Siamo sbattuti da un’azienda ospedaliera all’altra per la cura dei nostri figli, serve un ospedale del bambino“. Sono le parole delle mamme e dei papà che, per diverse problematiche, si ritrovano costretti a dover fare due, tre e anche quattro visite nel corso di una settimana, e quindi a visitare altrettanti ospedali dopo la chiusura della storica Clinica Macciotta, a Cagliari.

È iniziato allora, era il mese di giugno del 2013, il calvario di quei genitori che arrivavano da tutta la Sardegna nel centro pediatrico dove sapeva di poter contare su diverse specializzazioni raggruppate in un unico edificio. Le professionalità nella nostra isola di certo non mancano, quello che manca è un unico polo specialistico che possa aiutare i più piccoli a far sentire meno la malattia, primo passo per una guarigione più veloce. E’ quanto rivendicano ora. Per farlo hanno costituito il ‘Comitato famiglie per l’ospedale del bambino in Sardegna’.
La clinica Macciotta era diventata una struttura inadeguata, se non indecorosa, ma dalla sua chiusura ‘a tappe’ sono scaturiti problemi molto seri.  Ad esempio, i bambini (anche in età neonatale e nei primi mesi di vita) devono spostarsi per raggiungere lo specialista. Un bambino malato, rimane un bambino prima che paziente. E le visite, il ricovero, le degenze, per i più piccoli e per i loro genitori possono essere anche traumatiche e faticose.
Il tentativo della giunta regionale precedente di creare un “ospedale del bambino” riorganizzando il Microcitemico è fallito in partenza: si è trasferita in via Jenner prima clinica pediatrica, poi neuropsichiatria infantile, ottenendo doppioni di servizi (tre endocrinologie, due gastroenterologie, due allergologie); la chirurgia pediatrica ora si trova al Santissima Trinità dove non c’è alcun reparto di pediatria; al Brotzu la pediatria ospedaliera, la cardiologia pediatrica e il centro di disturbi pervasivi; il Policlinico Universitario è sede della Neonatologia dal 2013, terapia intensiva neonatale e nido (in nessun ospedale italiano la terapia intensiva neonatale e la neonatologia sono separate dagli altri reparti pediatrici).
Un’operazione senza alcuna razionalizzazione e con un’ulteriore dispersione dell’assistenza ed aumento dei costi.

Le testimonianze. “Questo ha provocato un ritardo nella possibilità di fare delle visite con scadenza regolare e tempestiva – dice Francesca Palmas, mamma di una bambina affetta da epilessia – quelle che mia figlia effettua sono visite di controllo fondamentali, se prima ad esempio dovevamo attendere tre mesi per un elettroencefalogramma, ora i mesi sono raddoppiati”.

“Sono il genitore di un bambino che ha una malattia genetica rara – spiega Chiara Saba – mi ritrovo a fare cinque terapie nell’arco di una settimana e devo farle in tre ospedali diversi, arrivando fino a Iglesias per la fisiatria. Questa tipologia di spostamenti crea stress nel bambino e nella famiglia”. Il ‘comitato famiglie per l’ospedale del bambino in Sardegna’ ha già avuto un’interlocuzione con la Regione Sardegna e c’è stata una presa in carico della richiesta.

Chiara Saba parla a nome di tutte le mamme: “Chiediamo un un’unica struttura dove si premia l’eccellenza dei professionisti e dove in tempi rapidi vengano eseguite le terapie, con una presa in carico a 360 gradi e un lavoro d’equipe dove tutti dialogano tra loro, perché al centro della terapia ci sia sempre il paziente, come l’Europa ci chiede”.

Monica Magro

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