In Sardegna c’è una quantità di amianto pari a 2mila campi da calcio

In Sardegna ci sono da smaltire 12.395.301 metri quadrati di amianto, l’equivalente di oltre duemila campi da calcio. In chili sono 182.706.737.

In Sardegna ci sono da smaltire 12.395.301 metri quadrati di amianto, l’equivalente di oltre duemila campi da calcio. Sulla bilancia fanno 182.706.737 chili (cioè 13,4 chili a metro quadro), di cui solo 20.866.698 risultano rimossi. Ovvero, l’11,42 per cento. Lunedì l’Afeva Sardegna, l’associazione familiari e vittime dell’amianto, scende in piazza a Cagliari. “Perché senza un intervento deciso della Giunta – dice il presidente Tore Garau – l’emergenza non può essere superata”.

La onlus isolana, che manifesta in contemporanea col corteo promosso a Roma, parte alle 9 da piazza l’Unione Sarda per raggiungere proprio il palazzo della Regione in viale Trento. “Al governatore Francesco Pigliaru – sottolinea Garau – abbiamo chiesto di essere ricevuti. Gli diremo intanto di stare al fianco dei lavoratori e dei cittadini che sono esposti all’amianto, o vittime. Gli chiederemo di istituire quanto prima una cabina di regia unica, perché finora non è bastato delegare le competenze delle bonifiche agli enti locali”.

Partono da un presupposto. “Sulla rimozione dell’amianto – continua il presidente Garau -, la Sardegna può vantare un’ottima legge, la numero 22 del 16 dicembre 2005, e sino a quattro anni  risorse non mancavano. Ma dei 14 milioni .650.333 euro stanziati tra il 2006 e il 2010 per la riqualificazione degli edifici pubblici, le Province hanno utilizzato appena un milione 21.782 euro, cioè il 6,97 per cento”. È andata un po’ meglio coi finanziamenti per case e strutture private: “A fronte dei 6 milioni  879.665 euro erogati dalla Regione, gli enti intermedi ne hanno messi a bando 735.959 (il 10,70 per cento)”. Sommando i due capitoli di spesa, fanno 22 milioni 551.780 euro, ma solo un milione 757.742 è stato investito. Una cifra pari  all’8,84 per cento.

Garau lancia l’allarme: “Di questo passo, ci vorranno trecento anni per liberare la Sardegna dall’amianto. Vien da sé che si tratta di tempi inconcepibili, anche perché l’amianto uccide in silenzio, senza guardare in faccia a nessuno. Alla nostra associazione non interessano le singole responsabilità politiche, noi chiediamo unicamente un’accelerata sulle bonifiche e il ripristino delle risorse per la legge 22, inspiegabilmente azzerate dal 2010. La precedente Giunta ha motivato la scelta col fatto che le Province non utilizzassero i fondi stanziati. Ma i ritardi della pubblica amministrazioni non sono un buon motivo per lasciare che l’Isola sia un campo minato”.

Sull’amianto esiste un problema di censimento. “I dati più aggiornati che abbiamo, quelli ufficiali della Regione, risalgono a sei anni fa e sono contenuti nell’ultimo piano dei rifiuti, approvato nel 2012. La nota positiva – aggiunge Garau – è che nel giro di due anni, dal 2006 al 2008, la quantità di amianto consegnata in discarica è più che raddoppiata, passando da 3.269.540 chili a 7.012.637. Ma ciò non toglie che lo stato delle bonifiche vada costantemente monitorato, parallelamente alla definizione di una road map capace di velocizzare gli interventi”.

Il presidente di Afeva chiarisce ancora: “L’amianto, seppure associato al poco decoroso eternit, non si traduce in un problema estetico per le nostre città e i nostri paesi. È piuttosto un’emergenza sanitaria che viene presa sotto gamba, anche da un’incolpevole collettività poco informata, suo malgrado, sui rischi mortali”.

A Pigliaru, infine, l’associazione solleciterà “l’apertura di un tavolo tecnico-politico, non consultivo ma deliberativo, al quale vorremmo poter dare il nostro contributo per superare gli ostacoli che frenano la piena attuazione della 22. In Sardegna bisogna aprire la Vertenza amianto al fine di affrontare, con atti puntuali e concreti, le attuali norme ingiustificatamente discriminatorie verso le vittime dell’amianto. Non si può continuare a tacere sulla mancata applicazione di una legge che ha ricadute pesantissime sull’intera collettività”.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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