“Sui poligoni dati top secret e zero bonifiche: il regalo del governo ai militari”

L’ex Ammiraglio Falco Accame: “L’incremento delle soglie di inquinamento? Le ha chieste il Generale Lodovisi e sono finite nel Dl Competitività. Quelle norme vanno cancellate”.

“Le nuove norme sulle aree militari secretano importanti dati relativi alle attività svolte al loro interno e non specificano in cosa debbano consistere le operazioni di bonifica: per questi motivi vanno soppresse o riscritte”. La denuncia arriva dal presidente dell’Associazione vittime arruolate nelle Forze armate e famiglie dei caduti ed ex Ammiraglio Falco Accame, a pochi giorni dalla conversione in legge del decreto che equipara le aree militari ai siti industriali (leggi) e innalza fino a 100 volte le soglie d’inquinamento per i poligoni di Stato. Cancellando de facto le bonifiche ambientali.

Accame rivela inoltre che “i provvedimenti appena varati si rifanno alle indicazioni date dal Generale Maurizio Lodovisi durante la sua audizione del 18 marzo 2012 presso la Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito. In quell’occasione, il generale aveva proposto l’individuazione di nuove soglie di contaminazione per i poligoni”. Ma non finisce qui: la trascrizione delle dichirazioni rilasciate dall’ex direttore del Poligono di Quirra, il generale Fabio Molteni, rivelano cosa intendano i militari col termine bonifica. Bonificare significa semplicemente rimuovere gli ordigni inesplosi, anche tramite brillamenti.

Informazioni secretate e parametri ad hoc

“Il testo di legge stabilisce che le soglie di contaminazione delle sostanze non incluse nella colonna della tabella di riferimento, quella relative alle aree industriali, siano stabilite dall’Istituto superiore di Sanità sulla base delle informazioni tecniche fornite dal Ministero della Difesa”, spiega Accame. E precisa: “Il rischio è la secretazione delle informazioni, che al contrario devono essere rese note, perché riguardano la salute dei militari e dei civili residenti nei poligoni”. Sempre per Accame, “la validità e l’appropriatezza del decreto dipende dalla preventiva conoscenza dei dati suddetti”. Ma intanto si può già affermare con certezza che da oggi in avanti valgono limiti fino a 100 volte superiori rispetto a quelli in vigore per la categoria ‘verde pubblico, privato e residenziale’ che inquadrava in precedenza i poligoni, perché le aree militari vengono equiparate ad aree industriali. In questo consistono le modifiche al Testo unico sull’ambiente introdotte dal decreto 91/2014, come richiesto dal generale Lodovisi.

Mai più bonifiche nel sottosuolo

Altro tasto dolente è il capitolo bonifiche. “Visto che le nuove norme non specificano in che cosa debbano consistere, il rischio è che non si effettuino bonifiche in profondità, necessarie per evitare la contaminazione delle falde acquifere”. Il problema è che per i militari esistono solo tre tipi di bonifiche. Ma in tutti i casi si fa riferimento solo “alla rimozione di ordigni inesplosi”, come specificato nel corso di un’audizione della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito dal Generale Fabio Molteni, l’ex Direttore del poligono Salto di Quirra oggi imputato nel processo che prenderà il via il 23 settembre. Il testo delle dichiarazioni rilasciate dall’ex direttore del poligono è stato diffuso in Rete proprio dall’ex Ammiraglio. “Si va dalla bonifica di superficie, che prevede la raccolta in superficie delle munizioni impiegate nel corso dell’esercitazione, alla bonifica di secondo grado che comprendono quei casi in cui non è possibile procedere, perché le munizioni sono in una posizione tale, magari trenta metri sotto il terreno, per cui sono necessari mezzi particolari”. Ovvero ruspe per la movimentazione della terra. “Occorre, infatti, sollevare la terra, ammucchiarla in montagnole, estrarre i proiettili, lavarli con potenti getti d’acqua, raccogliere l’acqua inquinata in appositi cassoni di cemento e quindi sistemare in appositi spazi i suddetti cassoni”, precisa il presidente dell’Associazione vittime delle Forze armate e famiglie dei caduti. “Ma in Italia niente di tutto questo è stato mai messo in atto e le suddette modalità sono tratte da operazioni di bonifica compiute in alcuni poligoni della Scozia”.

Le bonifiche secondo i militari

Quanto basta per portare Accame ad escludere la possibilità di effettuare bonifiche alla profondità di uno, cinque o trenta metri, “operazioni necessarie ma dagli altissimi costi”, precisa l’ex Ammiraglio. “Infine – si legge nel testo delle dichiarazioni rilasciate da Molteni – c’è un terzo tipo di bonifica: laddove non si sa cosa sia la munizione e dove si trovi, bisogna cercarla con maggiore prudenza”. Spesso, però, la munizione non si trova o non si riesce a farla esplodere. “In questo caso basta una dichiarazione in cui si dice che non si riesce a far esplodere l’ordigno”, spiega l’ex direttore. In nessun caso, dunque, è prevista la bonifica delle matrici ambientali contaminate dalle esplosioni degli ordigni o dalle altre attività che si svolgono all’interno dei poligoni. Ad esempio, il poligono di Quirra ospita anche il Centro sviluppo materiali dove l’industria bellica e quella civile producono un inquinamento diverso da quello legato all’ossidazione dei proiettili inesplosi. Inoltre, risulta chiaro che l’esplosione viene ritenuta una fase della bonifica. E molto spesso, come si apprende dalle dichiarazioni di Molteni, i militari non sanno cosa cercare.

Piero Loi

(foto da tottusinpari.blog.tiscali.it)

 

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