A Cagliari una ragazza down tra le maestre per l’infanzia

Carlotta Sanna ha 19 anni, capelli biondo cenere e occhi azzurri. Una ragazza come tante, con un grande amore per lo sport, la scuola e il giornalismo; pochi mesi fa si è diplomata al liceo psicopedagogico di Cagliari con il massimo dei voti. Una vita come tante la sua, scandita da impegni quotidiani e abitudini tranquille. Un’unica, impercettibile differenza distingue Carlotta dai suoi coetanei, una piccolissima variazione nel suo codice genetico che le ha dato una tripla copia nel cromosoma 21: la sindrome di down.

Da due settimane la giovane ha iniziato a lavorare come assistente nella scuola per l’infanzia “Sacro Cuore”, istituto paritario gestito dalla Congregazione delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli in via Macomer a Cagliari: è la sua prima esperienza lavorativa subito dopo gli studi in pedagogia, nessun compito “speciale” ma occupazioni ordinarie come segreteria, computer, un aiuto nelle attività didattiche e in sala mensa.

Il progetto di inserimento professionale di Carlotta è stato fortemente voluto dalla coordinatrice dell’istituto, suor Battistina Matta, insieme a Giorgia Mercanti, maestra in una delle quattro sezioni della scuola. “Da cinque anni abbiamo dato la disponibilità ad accogliere persone con disabilità nell’organico scolastico – racconta suor Battistina – ci siamo resi conto che possono essere un grande esempio di energia e determinazione per tutti noi oltre a dare un valido aiuto nelle attività quotidiane. Questa estate abbiamo attivato la collaborazione con Carlotta Sanna che si era appena diplomata in pedagogia al liceo cagliaritano con il voto più alto, oggi lavora insieme a noi ed è diventata una figura preziosa”.

La storia di Carlotta, il suo percorso scolastico e ora professionale dimostrano come molti luoghi comuni sulla sindrome di down non hanno alcun riscontro nella realtà: “hanno tempi diversi”, “fanno le stesse cose ma con più fatica”, “sono più lenti nel comunicare” alcuni dei pregiudizi più diffusi. “Dicono che i ragazzi con la sindrome abbiano tempi diversi rispetto ai bambini “normali” – sottolinea Giorgia Mercanti – niente di più sbagliato: ciascuno di noi ha modi di reazione e riuscita differenti, non esistono gli standard nel raggiungere un risultato, c’è chi apprende più velocemente di altri la logica, la matematica, chi le lingue, c’è chi è bravissimo nello sport e chi è negato: siamo tutti diversi nell’imparare e nel mettere in pratica quello che conosciamo”.

Tra gli alunni nella classe di Giorgia Mercanti c’è anche Lorenzo, bimbo di due anni con sindrome di down: “Ci siamo accorti della sindrome sin dalla nascita – spiega Luana Totaro, mamma del bambino e avvocato di professione – per questo nostro figlio ha potuto iniziare subito le terapie che lo hanno portato a raggiungere risultati importanti. Lorenzo non ha un’insegnante di sostegno ma segue le attività di aula come gli altri bambini in un percorso di crescita comune con il resto della classe. Oggi nuovi studi e conoscenze sulla malattia hanno reso più semplice la vita delle persone che crescono con la trisomia 21 ed è sempre più facile raggiungere uno stile di vita autonomo e indipendente”. La storia di Carlotta Sanna ne è un esempio: la sua giornata è scandita dall’impegno a scuola, nel frattempo continua a studiare, naviga su web e legge quotidiani e siti di informazione, usa tutti gli strumenti di scrittura e lettura digitali, si districa senza difficoltà tra smartphone, notebook e Ipad. Tre volte a settimana si dedica alla sua grande passione, la ginnastica artistica. “Mi sto allenando molto – ci racconta con orgoglio – perché sono stata convocata nei Giochi Mondiali estivi Special Olympics: tra luglio e agosto del 2015 sarò in volo per Los Angeles”.

La presenza della giovane down nella scuola Sacro Cuore è un bell’esempio di integrazione della disabilità nel mondo professionale: “Le persone disabili dimostrano di avere molte qualità e competenze diverse dalle nostre – sottolinea ancora Suor Battistina – Carlotta e gli altri ragazzi con sindrome di down che lavorano con noi hanno una forte intelligenza emotiva, una sensibilità più attenta della nostra, una grandissima spontaneità. E soprattutto non si muovono con tutti quegli schemi mentali che noi da sempre ci portiamo dietro: hanno tanto da insegnare, ai bambini ma soprattutto a noi adulti”.

Francesca Mulas

 

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