Università di Sassari, il responsabile anticorruzione: “Attenti ai concorsi”

Se sarà una goccia nell’oceano, o al contrario un nuovo inizio, lo dirà il tempo. Ma il tema dei concorsi sospetti è finalmente entrato nell’agenda delle Università. Ovviamente non per volontà dei baroni, ma su ordine dell‘Anac, l’Autorità nazionale per l’anticorruzione che ha intimato gli atenei italiani a utilizzare col contagocce la procedura di reclutamento interno dei professori associati e ordinari, così come previsto dall’articolo 24, comma 6, della legge 240 del 2010.

La mossa dell’Anac arriva a stretto giro dopo l’interrogazione presentata a Palazzo Madama dalla senatrice Paola Corrado che alla ministra dell’Università, Maria Cristina Messa, ha chiesto lumi su una serie di concorsi sospetti che sono in qualche modo preambolo della procedura prevista al comma 6. Quelli erano per ricercatore, il gradino più basso della carriera universitaria. Nella lista dei casi segnalati anche una selezione all‘Università di Sassari. Sardinia Post ne ha dato notizia il 14 febbraio scorso (leggi qui), mentre il giorno successivo il nostro giornale ha raccontato un altro episodio (qui la cronaca).

I prof di Sassari, incluso il rettore Gavino Mariotti, sono stati informati dal responsabile di ateneo per l’anticorruzione e la trasparenza, Paolo Mario Pellizzaro, che il 28 febbraio ha mandato una lettera spiegando il contenuto delle disposizioni Anac sulle selezioni tramite l’articolo 24 della legge 240. Quindi, dopo aver copiato e incollato la missiva dell’Autorità nazionale, ha sottolineato: “Lo scrivente Responsabile invita le strutture dipartimentali ad attenersi a quanto sopra evidenziato, in un’ottica di prevenzione di possibili e potenziali eventi corruttivi“.

Anche i due concorsi sospetti raccontati da Sardinia Post sono banditi in base alla legge 240 del 2010, ma si utilizza la procedura prevista dai primi cinque commi dell’articolo 24.

Dall’Anac sono stati chiari sui concorsi interni per associato e ordinario, visto che così facendo si chiude la porta al resto del mondo: “Occorre rilevare che il principale rischio nella fase di reclutamento locale (come le chiamate dirette con la legge 240) si rinviene nelle pressioni che possono essere esercitate dai candidati (e dai docenti) locali, incentivate dai vincoli/condizionamenti di bilancio, verso la scelta di forme di selezione volte a favorire gli interni. Il localismo nel reclutamento, oltre a compromettere gravemente l’imparzialità del sistema, impedisce l’accesso non solo a soggetti meritevoli di altre università italiane, ma anche ai soggetti provenienti da università straniere riducendo sensibilmente la mobilità tra università diverse, uno dei punti di forza per assicurare libertà e qualità alla ricerca. Ciò a detrimento dell’attrattività dei centri di ricerca italiani nel sistema sempre più internazionalizzato della ricerca e dell’istruzione superiore”.

Chi ha orecchie per intendere, non dovrebbe perdere nemmeno un minuto. Anche perché il responsabile dell’anticorruzione, tra vedere e non vedere (anche perché non si può escludere che la Procura voglia vederci chiaro), ha ricordato di aver evidenziato “a codeste strutture dipartimentali”, già il 13 gennaio del 2021, “con nota 2339”, “l’esistenza di una specifica misura di prevenzione contenuta nel Piano di Ateneo” in materia di anticorruzione. In virtù di questo sollecitava “la previsione di una motivazione rafforzata e di una procedura comparativa adeguata nei casi in cui si ricorra alla chiamata diretta tramite l’ex articolo 24”. Come dire: tutti sapevano. A parte l’ultima presa di posizione dell’Anac, è cosa nota che la materia concorsuale con chiamata diretta sia roba scivolosa. (al. car.)

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