Pillola abortiva, l’assessore Arru accelera: “Bisogna favorirne l’uso”

Ru-486. È la pillola abortiva, opzione non chirurgica per interrompere la gravidanza. L’assessore Luigi Arru vuole favorirne l’utilizzo.

Ru-486. È la pillola abortiva, l’opzione non chirurgica per chi vuole interrompere la gravidanza. Col nome di Mifegyne, viene prodotta dalla Exelgyne. In Italia è arrivata nel 2009, anno in cui l’Agenzia nazionale per il farmaco l’ha messa in commercio in tutti gli ospedali, rimandando a Stato e Regioni le decisioni sull’utilizzo. Un solco, questo, nel quale l‘assessore alla Sanità, Luigi Arru, ha deciso di muoversi, dando un’accelerata.

“Stiamo valutando – annuncia Arru – la possibilità di mettere in atto accorgimenti amministrativi per favorire l’utilizzo della pillola abortiva“. L’assessore non lo dice espressamente, ma l’obiettivo è invertire la marcia rispetto alla posizione del ministero che permette di usare la Ru-486 solo con tre giorni di ricovero. Ovvero, una degenza doppia rispetto a quella dell’aborto chirurgico, in assenza di complicanze.

Arru una cosa ce l’ha chiara: la Mifegyne “è ancora troppo poco usata“, sottolinea l’assessore. Se ne sono già accorti nel Lazio e in Emilia Romagna, dove hanno deciso di derogare alla circolazione ministeriale: in entrambe le Regioni, infatti, la pillola abortiva viene somministrata in day-hospital.

Da un punto di vista strettamente organizzativo, il ricovero di una sola giornata permette di alleggerire il carico di lavoro negli ospedali, considerando soprattutto l’alto numero di obiettori, sebbene la Sardegna faccia registrare una percentuale inferiore rispetto alla media nazionale (leggi la mappa isolana degli anti-abortisti divisa per provincia).

E proprio sulla gestione dei reparti Gian Benedetto Melis, direttore di Ginecologia e Ostetricia al policlinico di Monserrato, dice: “Gli obiettori sono tenuti fuori da qualunque compito istituzionalizzato e connesso con l’interruzione di gravidanza. Ciò vuol dire oggettivamente che ci manca tanto personale, ma è grandissimo il rispetto per chi ha deciso, secondo etica e ideologia, di non praticare l’aborto”.

Al policlinico, che è primo in Sardegna per numero di nascite (sono a quota 1.600 all’anno), ci sono 20 anti-abortisti tra ginecologi e ostetrici e 5 tra il personale sanitario non medico. Melis rivela infine un particolare di cui poco si parla. “Mi piacciono meno – spiega il direttore – quei medici che fanno gli obiettori solo in ospedale, e non nel proprio ambulatorio privato. Ma per fortuna i cattivi dottori sono una minoranza”.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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