Natale in Sardegna ai tempi del Covid. Attesa per la serrata nei giorni di festa

Saranno un Natale e un Capodanno differenti quelli del 2020 per tutti i sardi costretti a convivere con un virus terribile che solo nelle ultime ventiquattro ore ha causato 23 decessi e 405 nuovi contagi. Festività in cui la scala delle priorità è stata inevitabilmente rivoluzionata perché l’obiettivo primario è sicuramente la tenuta del sistema sanitario a cui si lega la capacità di affrontare eventuali nuove ondate di contagi ma non solo. Il problema riguarda tutti i pazienti che necessitano di cure urgenti o meno urgenti da erogare in una situazione difficile. Ultima in ordine di tempo la protesta dei sindaci dell’Oristanese che, ieri mattina, in Consiglio regionale hanno denunciato il fatto che gli ospedali del territorio siano al collasso proprio a causa del coronavirus. In questo clima, in cui si registra anche la necessità per commercianti, esercenti e ristoratori di cercare, nel periodo natalizio, un po’ di sollievo economico, in Sardegna si attendono le decisioni del Governo, impegnato a studiare soluzioni più o meno drastiche per evitare un’impennata di contagi durante il periodo festivo.

Le ipotesi al vaglio in questo momento sono due: tutta Italia zona rossa nei festivi e prefestivi o un’unica zona arancione dal 24 dicembre al 6 gennaio. E controlli più serrati in stazioni, aeroporti, grandi arterie autostradali e vie dello shopping, per scongiurare assembramenti nell’ultimo week end prima di Natale. La prima soluzione è quella sostenuta dai ‘rigoristi’, vale a dire una zona rossa per tutta l’Italia dal 24 dicembre al 6 gennaio anche se il compromesso più probabile prevede un’Italia in rosso dal 24 al 27 dicembre e dal 31 dicembre al 3 gennaio, otto giorni in totale in cui varrebbero tutte le regole già in vigore nelle regioni ‘rosse’, ossia vietato ogni spostamento, non solo in entrata e in uscita dalla propria regione ma anche all’interno del comune di residenza, salvo comprovate esigenze lavorative, motivi di salute o situazioni di necessità. E sarebbero chiusi tutti i negozi (a eccezione di alimentari e farmacie) nonché ristoranti, bar, pub, gelaterie e pasticcerie. Di fatto, si potrebbe uscire da casa solo per fare attività motoria, ma “in prossimità della propria abitazione” o attività sportiva “in forma individuale”.

C’è poi un’ulteriore ipotesi, più soft, che prevede l’istituzione di una zona arancione per tutta Italia dalla vigilia di Natale alla Befana o, in alternativa, nei giorni prefestivi, vale a dire il 24, il 31 dicembre e il 2 gennaio. Le misure previste in questa fascia consentirebbero di bloccare comunque gli spostamenti all’esterno del proprio comune e di chiudere bar e ristoranti – due degli interventi invocati dai tecnici per evitare che vi siano pranzi, cene e ritrovi nelle case o nei locali – mentre resterebbero aperti i negozi.

Più chiare sono invece le misure sul fronte dei controlli, che si concentreranno soprattutto nel fine settimana del 19-20 dicembre, oltre che nelle giornate in cui verranno disposte le restrizioni più dure. Per l’ultimo fine settimana prima di Natale è previsto un esodo massiccio di italiani che si sposteranno per raggiungere i parenti prima che scattino i divieti e dunque vanno pianificati gli interventi. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha convocato nelle prossime ore il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica proprio per fare il punto sul piano di rafforzamento dei controlli ma anche per verificare le misure di sicurezza e antiterrorismo in vista del Natale. L’obiettivo principale, spiegano al Viminale, non è tanto quello di ‘bloccare’ le persone ma fare in modo che non si creino assembramenti, né nelle stazioni né tantomeno nelle strade e nelle piazze. Per questo più che contingentare gli ingressi nelle vie dello shopping, che creerebbe assembramenti ai varchi, si punterà ad istituire i sensi unici pedonali. Spetterà comunque ai comitati locali decidere quali siano le misure più idonee.

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