Il nome non si conosce. Ma qualche dettaglio sì: per la morte di Antonio Masia, l’operaio sassarese di 53 anni che non è morto per un malore ma è stato ammazzato, sotto inchiesta c’è un collega, uno dei 34 che alla Gesam è in cassaintegrazione.
L’azienda smaltisce rifiuti. Si trova nella zona industriale di Truncu Reale. Masia è stato trovato senza vita il 25 luglio. Il cadavere era nascosto tra i sacchi della plastica, nella cosiddetta piattaforma di raccolta. Dall’autopsia è risultato che non c’è stata alcuna morte naturale, ma l’operaio è stato travolto e ucciso da un mezzo meccanico. Un muletto o una gru con ragno, di quelle che si utilizzano per spostare le balle dei rifiuti. Quindi qualcuno quel mezzo meccanico lo ha usato. E poi ha provato a nascondere il corpo. Il collego della vittima sotto accusa è infatti indagato per omicidio colposo e occultamento di cadavere.
La storia è macabra. E il secondo capitolo diventa una degna prosecuzione di un omicidio efferato. Perché dieci giorni dopo la morte di Masia, alla Gesam è partito un incendio. Un maxi rogo che per quasi una settimana ha impegnato i vigili del fuoco: le fiamme hanno continuato a camminare sotto i cumuli di spazzatura. A Sassari è scattato anche l’allarme diossina.
Adesso viene fuori che ci può essere correlazione tra l’uccisione di Masia e il rogo. Come nel tentativo di distruggere chissà quali prove. L’indagine sulla fine dell’operaio ce l’ha in mano la Questura di Sassari, coordinata dalla Procura. La titolare dell’inchiesta è la pm Maria Paola Asara. I carabinieri del Nas hanno invece in mano l’indagine sul rogo in collaborazione coi vigili del fuoco che hanno accertato l’origine dolosa del maxi incendio.