Le provette rubate col Dna dei sardi, scattano diciassette avvisi di garanzia

Il procuratore di Lanusei Biagio Mazzeo ha chiesto la proroga delle indagini, partite con la denuncia di furto delle provette di Dna dal Parco Genos di Perdasdefogu nell’agosto 2016, e ha notificato 17 avvisi di garanzia nei confronti di altrettante persone responsabili a vario titolo dei reati di furto aggravato, peculato, abuso d’ufficio falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e violazione di dati relativi alla privacy.

Tra gli indagati vi sono amministratori e i presidenti che si sono succeduti negli anni nella SharDna Spa e nel Parco Genos, nonché i sindaci di alcuni Comuni che avevano concesso arbitrariamente l’accesso agli uffici dell’anagrafe comunali al fine della ricerca. Le provette sottratte erano circa 25mila, sulle 230mila conservate nel Parco, appartenenti a 14mila ogliastrini, utili per lo studio di una delle popolazioni più longeve del mondo ma anche le malattie ereditarie. Erano oltre 50 gli iscritti nel registro degli indagati ma per 36 la posizione penale è stata stralciata.

Il caso delle provette rubate sembrava rientrato a settembre 2016, quando si accertò che le provette erano nel reparto di Oculistica dell’ospedale San Giovanni di Dio a Cagliari. A trasferirle sarebbe stato il professor Mario Pirastu, creatore della società Shardna e fino alla prima metà del 2016 era proprietaria del Parco genetico, nato agli inizi del Duemila su impulso del patron di Tiscali Renato Soru con l’obiettivo di studiare il Dna di una fra le popolazioni più longeve al mondo. Soru aveva infatti fondato la societò Shardna, poi fallita e acquistata lo scorso anno dalla società inglese Tiziana Life per 250mila euro. La vendita aveva suscitato malumori e polemiche in Ogliastra tra i cittadini che avevano donato il proprio Dna. Sulla vicenda era anche intervenuto il garante della Privacy che aveva stabilito che quelle informazioni genetiche potevano essere utilizzate solo con un nuovo consenso dei donatori. Consenso che alcuni hanno poi revocato. Pirastu era anche direttore dell’istituto di genetica del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) e aveva riferito di aver disposto il trasferimento delle provette “per scopi scientifici”. Ma adesso ci sono diciassette avvisi di garanzia.

Il lavoro del pm Mazzeo era cominciato con la denuncia di una dipendente del Parco Genos: aveva scoperto che alcuni cassetti dei banchi frigo erano stati svuotati. La Procura di Lanusei aveva affidato le indagini al capitano Giuseppe Merola, comandante dei carabinieri di Jerzu. Il pubblico ministero potrebbe chiudere le indagini a breve: ora si attendono i risultati della perizia disposta dal sostituto procuratore sui computer sequestrati.

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