Sparite le provette del Dna dei sardi, nessun furto: si trovano a Cagliari

I geni dei sardi non hanno lasciato l’Isola. Svolta nelle indagini sul ‘furto’ delle 14mila provette di Dna dal parco Genos di Perdasdefogu, in Ogliastra, un’area dove gli abitanti vivono più a lungo: le provette sono nel reparto di Oculistica dell’ospedale San Giovanni di Dio a Cagliari ed a trasferirle sarebbe stato il professor Mario Pirastu, creatore della società Shardna, fino a qualche mese fa proprietaria del Parco genetico.

Sarebbe stato lo stesso Pirastu, a dare indicazioni al procuratore di Lanusei, Biagio Mazzeo, su dove si trovano le provette di cui era stata denunciata la scomparsa nelle scorse settimane. “Su questa vicenda – ha spiegato il procuratore Mazzeo all’ANSA – ci sono diversi punti da chiarire: prima di tutto se il numero delle provette scomparse a Perdasdefogu corrisponda al numero di provette ritrovate a Cagliari. Le indagini andranno avanti nella speranza che si chiarisca tutto già nei prossimi giorni”. La Procura di Lanusei aveva aperto un fascicolo contro ignoti per furto e proprio ieri ha posto sotto sequestro sia il Parco Genos di Perdasdefogu che i locali della società Shardna di Pula.

Il Parco genetico era nato nei primi anni 2000 con l’obiettivo di studiare il Dna di una fra le popolazioni più longeve al mondo, ma anche le sue malattie ereditarie. La società SharDna, e la sua banca dati, ultimamente è stata acquistata da una azienda britannica per 250 mila euro.

Sono 25mila e 200 le provette ritrovate oggi. Pirastu stato sentito dalla Procura di Lanusei ma verrà interrogato più approfonditamente nei prossimi giorni. Pirastu attualmente non è indagato ma verrà sentito come persona informata dei fatti. Dovrà spiegare agli inquirenti, l’epoca, le circostanze e le ragioni per cui le provette sono uscite dal laboratorio di Perdasdefogu, e in particolare se ci siano state delle violazioni al codice della privacy, essendo il dna materiale estremamente sensibile. In attesa di ulteriori accertamenti le provette sono state poste sotto sequestro dai carabinieri della Compagnia di Jerzu su ordine della procura della Repubblica di Lanusei.

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