Il racket delle pompe funebri: necrofori “tuttofare” negli ospedali di Cagliari

“Nell’ambiente funerario è diffusa la consapevolezza che molti funerali vengano appaltatati, per intercessione favorevole o sfavorevole dei necrofori. Noi siamo un’agenzia molto piccola, ma ogni qualvolta abbiamo a che fare con i necrofori, diamo loro una mancia di
30/40 euro, ed i necrofori in cambio ci aiutano vestendo la salma: così è la prassi”. Una vera e propria consuetudine quella dei titolari di oltre 40 agenzie funebri finite sotto la lente dei carabinieri: pagare una mazzetta da 20 a 200 euro a un operatore delle camere
mortuarie di cinque ospedali cagliaritani per essere favoriti nella scelta da parte dei parenti dei defunti per i funerali.

I nomi dei necrofori. Lo dice a chiare lettere uno dei titolari delle agenzie funebri nelle oltre 300 pagine dell’ordinanza che questa mattina ha fatto finire agli arresti domiciliari 20 necrofori dipendenti degli ospedali Brotzu, Santissima Trinità, San Giovanni di Dio, Marino e Businco – strutture sanitarie che in questa vicenda sono parti lese – accusati a vario titolo di induzione indebita continuata in concorso, peculato, truffa aggravata, falso in atto pubblico. Ai domiciliari sono finiti Andrea VaccaPiero Spiga, Paolo Atzeni, Ivano Tullio Arangino, Bruno Carta, Pietro Murgia, Agostino Di Francesco, Mario Onnis, Romano Congiu, Giorgio Locci, Umberto Fanni, Gesuino Cocco, Antonello Melis, Piero Usai, Ignazio Puddu, Marco Putzu, Mario Pinna, Ignazio Pilloni, Mario Palmas, Salvatore Furcas.

Gli indagati. 148, invece, le persone indagate, si tratta di titolari e dipendenti di oltre 40 agenzie funebri cagliaritane che avrebbero pagato le mazzette ai necrofori. Le indagini sono partite dall’esposto presentato dal titolare di una agenzia funebre che non ha accettato di pagare gli operatori delle camere mortuarie pur di poter lavorare, ma che di fatto sarebbe stato tagliato fuori dal giro. I carabinieri della Compagnia di Cagliari, coordinati dal capitano Eugenio Fatone della Stazione di Villanova, comandata dal luogotenente Pompeo Formato, hanno immediatamente fatto scattare le verifiche, scoprendo in brevissimo tempo che la prassi delle mazzette era ampiamente conosciuta e consolidata.

Le indagini, in cui sono state utilizzate intercettazione ambientali, telefoniche e riprese con telecamere nascoste piazzate nelle camere mortuarie degli ospedali, hanno portato alla luce il ‘business del caro estinto’: un giro di mazzette che in due anni avrebbe fatto finire nelle tasche dei necrofori, secondo le stime fatte dai carabinieri, complessivamente 500 mila euro.
In particolare i necrofori, come spiegato anche dal Gip Giampaolo Casula nell’ordinanza di custodia cautelare richiesta dal pm
Giangiacomo Pilia che ha coordinato le indagini, erano riusciti a mettere in piedi un sistema che “persuade le agenzie funebri ad avvalersi della loro collaborazione in cambio di una indebita dazione di denaro”. Attività persuasiva fatta di pressioni alle quali i titolari delle agenzie funebri sottostavano senza farsi troppi problemi, visto anche il guadagno che riuscivano ad ottenere dai funerali e la collaborazione degli stessi necrofori che aiutavano i loro dipendenti a vestire i defunti e prepararli per le esequie. Ma non solo.

I tuttofare. Gli operatori delle camere mortuarie si occupavano anche di sbrigare le pratiche burocratiche, permettendo alle agenzie di “incassare” il defunto prima del tempo previsto dal regolamento di polizia mortuaria (non prima di 15 ore dal decesso). Per far guadagnare di più indicavano alla famiglia dei defunti la camera mortuaria più grande in modo da far lievitare i costi per abbellirla.
A volte i soldi per i pagamenti venivano addirittura lasciati vicino ai feretri. Tra i vari necrofori , salvo quelli che lavoravano negli stessi ospedali, non c’era alcun collegamento anche se agivano in maniera analoga. Oggi durante le perquisizioni i carabinieri hanno trovato un salvadanaio con all’interno il denaro incassato. Insieme ai soldi c’erano una specie di “pizzini”, foglietti in cui era segnato il nome dell’operatore e i riferimenti del defunto e, di conseguenza dei familiari che avevano indirizzato verso le agenzie funebri amiche.
Nel corso delle indagini alcuni necrofori si sono accorti delle telecamere nascoste, ma hanno continuato la loro attività, preoccupandosi solo di coprirle e di parlare lontano dagli uffici.

La truffa e il giro di badge. Tra le altre contestazioni c’è anche la truffa aggravata, alcuni di loro che svolgevano altre attività oltre quella di necrofori, non rispettavano gli orari di lavoro imposti e, oltre a scambiarsi i turni senza informarne la Direzione sanitaria, falsificavano intenzionalmente e regolarmente gli orari delle timbrature dei badge elettronici, danneggiando le aziende sanitarie. Per alcuni necrofori è scattato anche il peculato perché utilizzavano per uso personale varie apparecchiature degli ospedali.

Manuel Scordo

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