“I soldi dei fondi ai gruppi venivano dati ai consiglieri”

Questo il racconto in Tribunale di Ornella Piredda, la teste chiave dell’inchiesta sui fondi ai gruppi. Tra le nuove spese sospette spunta la lavanderia.

La lavanderia, la camera doppia presa a cavallo di un Capodanno in un hotel di Milano, le bollette telefoniche personali. Il tutto caricato sul conto del gruppo consiliare ‘Insieme per la Sardegna’ che nella XIII legislatura, quella 2004-2009 finita sotto la lente della Procura di Cagliari, era formato dagli Udeur Carmelo Cachia, Sergio Marracini e Giuseppe Giorico, più l’allora Idv Adriano Salis e Salvatore Serra, eletto con Sinistra autonomista. Sono queste le nuove spese sospette emerse oggi nell’udienza del processo sui fondi del Consiglio.

A rendere pubblica l’esistenza di quelle fatture è stato il pm Marco Cocco durante la deposizione di Ornella Piredda, la teste chiave del presunto peculato commesso nell’Aula di via Roma. La Piredda, che dal ’95 al 2009 ha lavorato per diversi gruppi del Consiglio, tra cui appunto ‘Insieme per la Sardegna’, ha spiegato come venivano distribuiti quei soldi. In totale, 24 milioni di euro spalmati in dieci anni. “Gli onorevoli – ha detto l’ex dipendente di via Roma – ricevevano un assegno mensile, non necessariamente dopo aver presentato le pezze giustificative, a volte anche prima”. E le pezze giustificative, è venuto fuori dalla deposizione di oggi, nessuno realmente le controllava.

L’ex funzionaria ora in pensione (per motivi di malattia) è stata chiamata a testimoniare alle 11,41 e fino alle 14 si sono susseguite le domande del pubblico ministero, praticamente mai interrotto dagli avvocati difensori dei 17 consiglieri regionali (o ex) che sono gli imputati del processo in corso. “Quando ho cominciato a lavorare per ‘Insieme per la Sardegna – ha esordito la Piredda -, si era più rigorosi con la rendicontazione, poi meno. Io, sapendo che si trattava di soldi pubblici, sono sempre stata attenta. Infatti, una volta, dopo mesi e mesi che non lo faceva, l’onorevole Giorico (era un questore dell’Aula, quindi chiamato a vigilare sulla regolarità delle spese fatte dai gruppi) mi consegnò le fatture di alcune bollette telefoniche personali. Io le respingi spiegandogli che non c’entravano nulla con l’attività politica per la quale venivano concessi quei denari. Giorico era sfacciato“.

A domanda precisa del pm sulla corrispondenza tra l’importo degli assegni dati ai consiglieri e il valore delle fatture da loro presentate, la Piredda ha detto: “No, non c’era nessuno che faceva le somme delle diverse pezze giustificative. Ogni mese gli onorevoli prendevano più o meno la stessa cifra“.

La lavanderia pagata coi fondi consiliari è la voce di una fattura rilasciata da un albergo di Cagliari a Cachia che è stato il presidente di ‘Insieme per la Sardegna’ fino al 2005, quando il gruppo venne sciolto. Invece: la stanza doppia dell’albergo a Milano è un viaggio fatto a cavallo di Capodanno da Sergio Marracini, difeso dall’avvocato Massimiliano Ravenna. “Non era mio compito – ha continuato la Piredda rispondendo al pm – controllare le singole voci delle pezze giustificative, il pernottamento era una spesa ammissibile e me bastava quella verifica sulla fattura di Cachia”. Quanto al soggiorno di Marraccini, la Piredda ha detto al pubblico ministero: “Non devo aver badato alla data”.

La deposizione dell’ex funzionaria è continuata col racconto del mobbing di cui la Piredda ha ribadito di essere stata vittima da parte di Giuseppe Atzeri, il presidente sardista del Gruppo misto, dove la donna era passata quando si sciolse ‘Insieme per la Sardegna’. “Non solo non mi riconobbero l’anzianità accumulata fino ad allora, ma mi assunsero con una qualifica inferiore, il che significò un duro colpo per le mie economie. Da 1.800 euro che prendevo, sia in Forza Italia quando avevo cominciato sia in Rifondazione, persi circa 300-400 euro al mese. Dall’inizio del 2006, stavo in ufficio senza fare niente, mi esclusero del tutto dall’attività del gruppo”. Dal presunto mobbing è partita l’inchiesta sui fondi consiliari la Piredda aprì prima la causa al Tribunale del lavoro, poi presentò un esposto in Procura. Oggi Atzeri non si è visto in aula: c’era invece il suo avvocato difensore Agostinangelo Marras.

Il 6 giugno, quando è fissata la nuova udienza sempre davanti al presidente della Prima sezione penale Mauro Grandasso Silvestri, ci sarà il controteste sia sulla Piredda che sui due carabinieri (Erriu e Natale) citati sempre dall’accusa. Il processo di questa mattina si è aperto con le domande fatte dal pm a un altro testimone, l’attuale assessore ai Lavori pubblici Paolo Maninchedda che nel 2004 venne eletto per la prima in Consiglio. A Maninchedda ha posto diversi quesiti soprattutto l’avvocato Silvio Piras, difensore dell’ex consigliere sardista Beniamino Scarpa, oggi sindaco di Porto Torres. La posizione di Scarpa è stata stralciata dal processo, come quella di Silvestro Ladu (ex Fortza Paris poi entrato nel Pdl). In questo filone rientra la condanna di Salis a un anno e otto mesi. Ma l’ex dipietrista è anche uno dei 22 nuovi indagati.

Sullo sfondo resta la deliberazione 293 del 5 ottobre ’93, ovvero la madre di tutti i peculati. L’ufficio di presidenza del Consiglio, guidato allora da Mariolino Floris, regolamentò per la prima volta l’utilizzo dei fondi ai gruppi, rendendo obbligatoria la rendicontazione ma senza il vincolo di allegare le pezze giustificative. E qui si gioca la partita tra accusa e difesa. Per il pm Cocco, quando si maneggiano soldi pubblici, fatture e ricevute vanno comunque conservate. Di segno opposto la posizione degli avvocati difensori che si stanno rifacendo a quella deliberazione per dimostrare che non ci fu peculato.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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