Caso Untore blog, una delle vittime delle diffamazioni: “Finisce un incubo”

“È la fine di un incubo, la fine di un periodo di terrore che, come tanti altri, sono stato costretto a vivere. Molte persone non volevano più lavorare con me, non volevano accostare il loro nome al mio perché avevano paura di finire nella gogna del blog. Spero che una cosa del genere non succeda mai più, che questo episodio sia un precedente per tutti”. Così all’ANSA l’archeologo più colpito dalle pubblicazioni e dalle vignette denigratorie dell’Untore blog, la pagina web sequestrata dalla Polizia postale di Cagliari e Oristano nell’ambito di un’operazione che ha portato anche alla denuncia per diffamazione di quattro persone. L’esperto ha avuto problemi lavorativi e personali proprio a causa delle bordate arrivate via internet. “Lavoro da dieci anni – racconta – e sono un libero professionista. Mi occupo anche di divulgare su Tv, radio o in conferenze l’archeologia, forse per questo motivo ero più in luce di altri e sono stato preso di mira. A settembre del 2014 sono iniziate le pubblicazioni sul blog in cui venivo diffamato, mi facevano passare per un poco di buono, denigrando il mio lavoro”.

L’archeologo ha vissuto momenti davvero difficili, tanto da non riuscire più a lavorare. “Organizzavo escursioni archeologiche ma mi sono dovuto fermare perché – spiega – psicologicamente non riuscivo più ad andare avanti. I familiari e gli amici mi sono sono stati vicini, ma dal mondo accademico e dai miei colleghi non è arrivato nè un attestato di solidarietà nè di vicinanza. Questo mi rammarica molto – confessa – Ho avuto la sensazione che qualcuno godesse di quello che scrivevano sul blog”. Ora l’esperto ha ripreso a lavorare con tranquillità. “Porterò dentro di me le ferite di quanto è accaduto – confessa – Ti annullavano psicologicamente, ti colpivano nel profondo e nel personale. La cosa che ti annienta di più è non sapere chi lo sta facendo (tutte le pubblicazioni erano anonime o con nomi di fantasia, ndr), questo crea uno stato perenne di confusione e paura. Tutto questo è una sconfitta per la società e per il mondo della cultura”.

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