Call center, diecimila posti a rischio

Nell’Isola della disoccupazione e dei numeri di una crisi disperata il vituperato lavoro al call center è diventato un salvagente contro la deriva. Ormai è aprile, e mentre ancora di attende l’arrivo della multinazionale Amazon (come anticipato a novembre da SardiniaPost IL VIDEO DELL’ANNUNCIO) e del suo data center che avrebbe dovuto creare 600 posti di lavoro, arriva l’allarme della Cgil- Slc della provinca di Cagliari. A rischio ci sono ben 10mila posti di lavoro, quelli di chi ogni giorno passa le ore al telefono, per fornire assistere assistenza e e guadagnarsi da vivere. Sono i numeri della sola provincia di Cagliari, dove si concentrano i customer care di grandi aziende del settore televisivo e delle telecomunicazioni (Sky, H3g), o degli Otsourcing (Comdata, Stream). Ma ci sono anche i medi e piccolissimi call center che gestiscono commesse commerciali, telefoniche o energetiche. Ed è la Sardegna, più delle altre Regioni, che rischia di ricevere il contraccolpo da una recente modifica dei vincoli all’espatrio imposti ai call center.

La fuga dei call center. Il sindacato punta il dito contro una recente circolare del governo nazionale che annulla importanti limiti alle delocalizzazioni stabiliti solo sei mesi fa (con la legge 92, riforma del lavoro). Gli effetti per il lavoro nell’Isola sarebbero “devastanti” si legge in una nota, e nei prossimi giorni seguiranno azioni di protesta.

Per arginare un fenomeno che mette in pericolo migliaia di posti di lavoro – la fuga delle aziende dall’Italia – agli operatori del settore il governo aveva imposto, ad esempio, la comunicazione (a ministro del Lavoro e Autorità garante per il trattamento dei dati personali) dello spostamento delle attività fuori dai confini nazionali. E ancora, la legge imponeva l’obbligo di chiarire subito in quale Paese estero si trovasse l’operatore telefonico e una sanzione di 10 mila euro per ogni giornata di violazione della norma. Il governo aveva inoltre deciso di sospendere i benefici degli sgravi contributivi alle aziende decise a de localizzare le attività.

Restano sgravi contributivi per chi si sposta all’estero. Un insieme di vincoli quindi, che il sindacato di categoria aveva accolto come un passo avanti: “La normativa – ha spiegato Antonello Marongiu, Slc Cagliari – mirava a trattenere le aziende sul territorio, consentire la tenuta dei livelli occupazionali e favorire il rilancio degli outsourcer”. Ora invece tutto è cambiato. Il 2 aprile infatti, il Governo ha emanato la contestata circolare (14/2013) che interpreta in maniera pesantemente restrittiva la normativa: il riferimento ai Paesi esteri si trasforma in soli Stati extraeuropei, le aziende che operano fuori dai confini italiani mantengono gli sgravi contributivi. “Oltre a questo – aggiunge Marongiu – la circolare dispensa le aziende dalle comunicazioni a Ministero e Autorità garante nei casi di delocalizzazioni di attività che non causino problemi occupazionali”.

Sardegna e Calabria. Primo passo della battaglia sindacale, l’approvazione di un ordine del giorno contro la circolare a firma di Antonello Marongiu e Daniele Carchidi (Slc Catanzaro), approvato ieri, all’unanimità, dal direttivo nazionale Slc. Le due Regioni del Sud sono quelle in cui si sono radicati alcuni “distretti della telefonia”. Per la Slc è un preoccupante arretramento sul versante della difesa dei diritti dei lavoratori e della privacy e libertà dei consumatori, ai quali, come lavoratori e cittadini.

 

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