Serdiana, convegno su contenzione e Tso. Calderone: “Al centro le persone”

Quattro morti in seguito a trattamento sanitario obbligatorio in un anno e mezzo, forse cinque quando si farà chiarezza sull’ultimo decesso: Bruno Combetto, Vincenzo Sapia, Mauro Guerra, Andrea Soldi hanno perso la vita nei mesi scorsi in seguito a cure troppo invasive. Persone che sono state fermate, in alcuni casi legate e sedate, e non hanno retto a una contenzione troppo rigida, a farmaci forse eccessivi. Su queste e altre vicende tristemente simili si concentra la riflessione di “Sleghiamoli subito! Diritti umani e sofferenza mentale”, incontro organizzato oggi a Serdiana, presso la comunità La Collina, da I libri aiutano a leggere il mondo.

Tra gli ospiti ci sarà Valentina Calderone, direttrice dell’associazione italiana A Buon Diritto nata nel 2001 attorno ai temi dell’immigrazione, della privazione della libertà, del fine vita e della libertà terapeutica. Con lei Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato e tra i fondatori di A Buon Diritto, Ettore Cannavera, fondatore della comunità La Collina, Giovanna Del Giudice, presidentessa della Conferenza permanente salute mentale nel mondo ‘F. Basaglia’, Natascia Casu, figlia di Giuseppe Casu e Gisella Trincas, presidentessa UNASAM; a coordinare l’evento sarà Roberto Loddo, presidente della Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia della Sardegna.

L’appuntamento, con inizio alle 17, si aprirà con la proiezione di “87”, documentario per la regia di Costanza Quatriglio che racconta le ultime ore di vita di Franco Mastrogiovanni, maestro salentino di 58 anni morto dopo essere stato legato a un letto per quattro giorni: 87 ore per la precisione, in cui non ha potuto alzarsi, bere e mangiare.

Una vicenda tristemente simile a quella di Giuseppe Casu, ambulante di Quartu Sant’Elena deceduto all’ospedale SS. Trinità di Cagliari dopo un tso di una settimana, legato a un letto mani e piedi e costantemente sedato. Per questa morte i medici, i responsabili e il personale del reparto psichiatrico dove è morto Casu sono stati assolti dopo tre gradi di giudizio ma i familiari dell’uomo cercano ancora giustizia.

“La vicenda attorno alla morte di Giuseppe Casu è una sconfitta del nostro sistema giudiziario che non è riuscito per una serie di motivi ad attribuire delle responsabilità – sottolinea Valentina Calderone. – Indubbiamente questa morte lascia perplessi: crediamo che i sette giorni di contenzione accertati non si possano considerare come un trattamento sanitario usato con tutti i riguardi”.

A proposito di contenzione, per alcune associazioni che si occupano di diritti umani sarebbe una pratica illegale: secondo Luigi Manconi si tratta di uno “strumento barbarico”, mentre le morti legate alla contenzione sarebbero una “catastrofe della nostra medicina”.

“A livello normativo nel nostro paese non esiste nessun riferimento legale alla contenzione – ci ha spiegato Calderone – È però un tema molto controverso, legato a diverse interpretazioni delle norme. Sappiamo che la legge 108 del 1978, la cosiddetta “Legge Basaglia” ha abolito le strutture manicomiali: secondo alcuni sarebbe però ancora in vigore un articolo di un regio decreto del 1904 che disciplina la contenzione, secondo altri essendo state cancellate le strutture di cui parla questa norma è stato cancellato anche l’articolo che parla della contenzione, anche se la Legge Basaglia non ne parla esplicitamente. Noi siamo convinti che non debba essere tenuto in considerazione. La questione è comunque molto complessa”.

E a proposito di norme, l’Italia è in attesa dell’approvazione del disegno di legge “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano”, presentato proprio da Luigi Manconi nel 2013, che porterebbe a punire anche le pratiche troppo invasive nei trattamenti sanitari obbligatori. “Il ddl sul reato di tortura ora si trova alla Commissione Giustizia del Senato, dopo avere già attraversato i passaggi di Camera e Senato e dopo che l’Italia ha già firmato la convenzione internazionale dell’Onu contro la tortura. Ad ogni modo le norme ci sono già, sono tutte nella Costituzione che punisce la violenza e la privazione della libertà: l’articolo 13 dice che “Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge (…). È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”, mentre l’articolo 32 sul diritto alla salute prevede che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Quest’ultimo riguarda proprio il Trattamento sanitario obbligatorio, quello durante il quale sono morti Giuseppe Casu, Franco Mastrogiovanni e gli altri”.
Tornando alla cronaca, la Sardegna ha registrato negli ultimi tempi la brutta vicenda dei maltrattamenti all’Aias. “Purtroppo è l’ennesima storia del genere – prosegue Valentina Calderone – e sappiamo che gli episodi documentati dalle telecamere erano già stati denunciati in precedenza. Ci chiediamo allora quanto tempo sarebbe passato per far emergere i fatti se le telecamere non fossero state installate. Occorre riflettere sui controlli e su come vengono fatti: come mai questa storia non è venuta alla luce prima? Quante situazioni del genere non saranno mai punite?”

A proposito dell’uomo che ha denunciato la morte del fratello avvenuta in circostanze poco chiare nello stesso centro Aias di Decimomannu, Calderone accusa: “Spesso si dimentica che al centro di regolamenti, ispezioni, controlli ci dovrebbe essere la persona: non si ascolta cosa hanno da dire quelli che queste situazioni le vivono tutti i giorni, non si chiede loro come stanno e cosa provano. È ora di rimettere al centro della nostra attenzione la persona: che si tratti di anziani, disabili o malati psichiatrici”.

Francesca Mulas

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