Allevatore ammazzato a Noragugume. Parroco ai funerali invoca il perdono

“In questo triste giorno l’impegno della comunità dev’essere di vivere appieno i valori della fede in modo che certi fatti non si ripetano più. Bisogna mettere la misericordia prima dell’odio e il perdono prima della vendetta”. Così il parroco don Maurizio Demartis alla comunità di Noragugume, dal pulpito della chiesa di San Giacomo, nell’omelia funebre che ha dato l’estremo saluto a Luigi Cherchi, l’allevatore di 67 anni ucciso giovedì scorso nell’azienda di famiglia nella piana di Ottana.

“Siamo operatori di pace, pratichiamo la giustizia, un mondo di amore è possibile e dobbiamo crederci”, ha aggiunto il sacerdote in una chiesa gremita di fedeli, molti costretti a restare all’esterno tra compaesani, amici e parenti della famiglia della vittima. Una famiglia coinvolta nella faida che ha insanguinato il paese sin dalla metà degli anni ’90: due fratelli di Luigi Cherchi sono stati ammazzati nel 1998 e un altro è stato condannato per omicidio sempre nell’ambito della faida, pista privilegiata dagli inquirenti anche per quest’ultimo omicidio.

L’allevatore è stato ucciso in un agguato, colpito da due fucilate esplose a distanza ravvicinata. Accanto al cadavere è stato trovato un fucile, ora nelle mani degli esperti balistici del Ris di Cagliari per capire se è quella l’arma del delitto.

Sono tante le domande degli inquirenti che ancora non hanno avuto risposta, per questo di indaga a tutto campo e si cerca di ricostruire le ultime ore di vita della vittima. Erano sei anni che Noragugume, paese del Marghine di appena 300 abitanti, non piangeva morti ammazzati. Il delitto dell’allevatore ha fatto ripiombare il piccolo centro negli anni più bui della faida. E ora è tornata la paura.

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