Aias, il caso Onnis: “Per la fisioterapia niente soldi, per il loculo sì”

C’è un loculo vuoto nel cimitero di Samassi, coperto da una lapide, pronta ma girata. I comuni visitatori vedono solo una superficie liscia. Ma basta spingere (vedi foto) per scoprire che quel posto è assegnato: c’è un nome e cognome “Gian Franco Onnis” e c’è una data di nascita, 2 giugno 1965. Manca solo quella della morte e la foto nella cornice vuota. Il proprietario è quindi in vita, come spesso capita? No, è morto il 28 marzo del 2014. Ed è sepolto in un altro paese, a Silanus, nel Nuorese. La lapide che copre la sua vera tomba è bianca con alcune venature grigie, in basso a sinistra un vasetto semplice. Il nome è scritto correttamente, per intero: Gianfranco. La storia di Gianfranco Onnis, morto a 48 anni, è finita sulla ribalta nazionale, è diventato un caso per la trasmissione tv Chi l’ha visto? (leggi qui). Dal 1985 era un paziente Aias, dal 1997 nella struttura di Decimomannu, lo stesso centro in cui lo scorso gennaio le telecamere dei Nas hanno documentato maltrattamenti sui disabili (botte e insulti) e per cui è in corso un’inchiesta giudiziaria (leggi qui).

 

 

Il dettaglio macabro della doppia lapide e della sepoltura vuota spicca nel racconto del fratello Maurizio che chiede con forza la verità sulla morte del fratello, con continui appelli e tenta di infrangere – anche su Facebook – quello che reputa: “Un muro di omertà attorno all’Aias e alla famiglia Randazzo”.  Quando suo fratello maggiore era in vita, ha cercato dalla Svizzera di prenderne la tutela, passata nell’arco di vent’anni – anche per via di alcuni debiti – dalla madre al padre e infine a una tutrice esterna.

Le denunce e il caso del loculo a 37 anni

“Ho fatto di tutto per prenderlo e non ci sono riuscito. Era come sotto sequestro e, nonostante le mie denunce, e le foto dei lividi e delle ferite aperte presentate in Procura e al giudice tutelare non è stato fatto nulla. Perché?”. Gianfranco è nato sano ma si è ammalato all’età di sette mesi di mesi di meningite e questo ha procurato dei gravi danni: un ritardo mentale e una paresi spastica alle gambe. L’acquisto del loculo è stato fatto dalla tutrice Lidia Lecis, nota Lella, allora consigliere comunale e assessore alle Politiche sociali del Comune di Samassi e oggi ex vicepresidente Sardegna del CilF (Centro italiano femminile). Nel documento, una scrittura privata firmata in calce, c’è la data del 20 dicembre 2002 e la cifra di un acconto: 161,68 euro, con tutte le spese a carico (vedi documenti 12). Gianfranco all’epoca aveva appena 37 anni e non era in pericolo di vita, secondo le informazioni in mano al fratello. Negli stessi anni la tutrice che amministrava in solitario la sua pensione di disabilità e l’assegno di accompagnamento, ottenuto più tardi, rispondeva così alle richieste di sedute di fisioterapia: “Non rientrano nel regime dell’Aias”.  E in ogni caso non si trovava una soluzione alternativa. Pur contattata due volte via mail, l’ex tutrice finora non ha risposto alle nostre domande sul caso specifico.

L’iter per la scoperta, a suon di carte bollate

Eppure, nonostante quelle necessità di salute per una persona malata e sotto tutela, nel 2002 la precedenza è stata data al loculo e alla lapide. Un gesto estremo di precauzione? “Per me, noi – continua il fratello Maurizio – un trauma scoprire che a mio fratello in vita era stato comprato un loculo, oltretutto pure distante da quello dei miei genitori. Ma perché?”. E racconta, tra l’incredulo e lo stupefatto i dettagli: “Mi ha avvisato un mio conoscente che lavorava in Comune a Samassi, poi ho chiesto a casa e qualcuno si ricordava di questa spesa ma senza averci dato troppo peso. Non riuscivo nemmeno a capire bene di che si trattasse. Per tutte le questioni legate a Gianfranco, alla sua tutela, alle spese che lo riguardavano, alle visite e alle sue condizioni mi è sempre stato opposto un velo di opacità, nessuna trasparenza, soprattutto dopo i miei esposti sui maltrattamenti”. Il primo registrato nel 2000, a cui è seguito un altro nel 2002 e nel 2005 con la foto della ragazza con le mani serrate dallo scotch da pacchi apparsa anche su Rai 3. Maurizio ha tentato quindi di saperne di più, con una richiesta di informazioni al Comune: “Di primo acchito hanno negato: ‘Non è vero’, mi hanno detto. Io ho insistito e nel frattempo sono passati i mesi. Infine hanno tentennato ma con mille storie. Per sapere ho dovuto fare una domanda apposita ma prima ancora ho dovuto avere l’ok dei miei familiari, dei miei fratelli. Cioè ho dovuto presentare un documento scritto, firmato, in cui loro dichiaravano di non volersi opporre al fatto che io sapessi in via ufficiale. Tutto solo per una richiesta di informazioni, davvero incredibile”.

La morte nel 2014, e la vera tomba

E quindi quel loculo c’era: “Sì, poi ho avuto la scrittura privata firmata e sono andato di persona a vedere dove si trovava. Aveva la lapide capovolta, ma era lì. Quando poi è morto davvero (dodici anni più tardi rispetto alla data d’acquisto, ndr) mi ha chiamato la tutrice nel cuore della notte dicendo che se ne sarebbe occupata lei. Ma mi sono opposto con tutte le mie forze: ‘A Gianfranco ci pensano i suoi fratelli, il suo mandato scade con la morte. Lui non è solo come vuol far credere’. E quindi siamo riusciti, grazie anche al mio legale, a farlo seppellire a Silanus, il paese dei miei nonni”. Una consolazione piccola piccola, rispetto ai due decenni di opposizione, alle denunce archiviate, alla mancata tutela assegnatagli: “È morto per choc intestinale, così ci hanno detto. Aveva una trombosi da curare a una gamba, secondo il primo ricovero di un mese. Anche perché stava sempre seduto: è entrato all’Aias che camminava, ma alla fine era piegato su se stesso. La schiena in avanti, buttato su una sedia. Aveva bisogno di stimoli fisici, la fisioterapia, e intellettuali, non era un vegetale. E invece quando era in vita hanno pensato a spendere per quel loculo e a quella lapide”.

Monia Melis

 

Nel prossimo numero di Sardinia Post Magazine (in edicola da gennaio) un ampio servizio dedicato ai due fratelli Onnis.

 

 

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