Antonio Spiga, sommelier-manager (sestese) a Bordeaux. Dove il vino è il petrolio dell’economia: «Città da visitare e da bere»

«Questa è una città che si visita e che si beve». Parole non di un attempato viveur, nostalgico della Milano godereccia degli anni Ottanta, ma di un giovane manager sardo di successo. Antonio Spiga vive da sette anni a Bordeaux, città simbolo dell’economia vinicola che ha costruito un impero sul culto di Bacco. Quarantaquattro anni, di Sestu, diploma di perito agrario in tasca e varie esperienze nel settore dei servizi, prima di traslocare all’estero ha conseguito «per amore di vino e di gastronomia» il diploma di Sommelier con l’Ais di Cagliari. Nel 2007 il trasferimento Oltralpe per frequentare un corso annuale di tecnica di degustazione Duad (Diplôme Universitaire d’Aptitude à la Dégustation) organizzato dalla facoltà di Enologia locale, una fra le migliori al mondo: «L’ho voluto fare ed è stato interessantissimo. A Bordeaux poi si vive talmente bene che, alla fine, ci sono rimasto. Mia figlia è nata qui».

Attualmente Antonio è vicedirettore della Maison du Vin. «Si tratta- spiega – di uno strumento di marketing e di comunicazione messo su dal Civb, Conseil Inteprofessionnel du Vin de Bordeaux, consorzio che raggruppa gli interessi di tutta la filiera del vino bordolese, dal produttore al distributore. In qualità di project manager ho seguito, inoltre, alcune iniziative di marketing e di comunicazione tra cui un booklet della città e dei suoi vini che abbiamo realizzato e tradotto in dieci lingue, italiano compreso. Ho collaborato pure con la Bordeaux Wine School, di cui sono formatore accreditato, ideando e organizzando workshops per turisti e aziende».

Dalla tolda di comando di questa macchina colossale il manager sestese snocciola dati impressionanti: «Il consorzio conta su 110mila ettari di vigna a denominazione d’origine, 8000 imprese viticole, 300 distributori, 90 brokers. Bordeaux produce 700 milioni di bottiglie ogni anno. Gli occupati nella filiera sono 55 mila».

Interesse, quello per il vino, che è attecchito in casa: «Sono nato in campagna –racconta – e il vino ha sempre fatto parte della vita familiare. Sin da ragazzino ho avuto la curiosità di scoprire novità enogastronomiche, soprattutto il suo legame con la cultura e con il territorio. Tuttavia ricordo curiosamente un evento scatenante quando gestivo un centro servizi a Cagliari. Discutevo spesso con un cliente che, un giorno, mi regalò alcuni vecchi numeri della rivista Sommelier Italiano con delle bellissime copertine e foto delle più belle regioni viticole. Rimasi impressionato e m’iscrissi subito ai corsi Ais; quei vecchi numeri li conservo ancora».

In Francia la passione si è affinata e arricchita, complice un ambiente pressoché unico, nel quale la ricerca e il dialogo costante tra i vari attori occupano un posto centrale. «Il polo di ricerca di Bordeaux è uno tra i più sviluppati al mondo anche perché può contare su una costante collaborazione tra ricerca, finanza e marketing, fondamentale per un successo duraturo. Le varie istituzioni come comune, regione, università e rappresentanze professionali lavorano a stretto contatto, generando così vantaggi enormi. Bordeaux, oggi, si organizza per diventare la capitale mondiale del vino e il consorzio punta a creare un ponte tra vino e territorio; i progetti si susseguono con continuità, nel settore della ricerca, nell’offerta turistica, nella strategia e nel marketing globale. Tra i più importanti ci sarà la creazione, già in corso, della città mondiale del vino, che sarà ultimata nel giro di due anni».

Ma produrre qualità non è sufficiente, occorrono capacità organizzative e progettuali. Anche in questo caso, la Francia è un esempio: «Ogni regione viticola è rappresentata dalle cosiddette interprofessions (i consorzi). A Bordeaux, come in Borgogna o in Champagne, chi vuole produrre vino con quel nome, deve contribuire alle sue attività pagando la cotisation. I consorzi hanno tre missioni: economica, tecnica e promozionale. In Sardegna, e in Italia, esistono – in alcuni casi – organizzazioni più piccole che si occupano solo di alcuni aspetti, perdendo peso ed efficacia sulla competizione globale. Relativamente a Bordeaux, credo che la sua storia millenaria legata al vino sia un vantaggio competitivo difficilmente raggiungibile. Questo non vuol dire che non si possano raccontare altre storie ugualmente affascinanti. In ogni caso il vino avrà un legame sempre più forte con i territori e le culture che lo producono; il turismo di domani per esempio, ma anche già quello di oggi, parlerà sempre più la lingua di Bacco. Gli operatori e le scuole ne dovrebbero tenere conto».

Giovanni Runchina

 

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