Per essere agriturismo basta il 35% di autoproduzione. Centrodestra all’attacco

Con la legge che modifica la classificazione delle aziende agrituristiche datata 1998 si stabilisce che “solo” il 35 per cento dei prodotti portati sulle tavole delle campagna debbano essere prodotti all’interno della struttura. Una percentuale approvata a maggioranza e che trova l’opposizione “delusa” anche perché è sicura che gli stessi operatori e la Coldiretti rimarranno scontenti dalla norma approvata giovedì scorso.

La legge, che deve ancora arrivare in Consiglio per l’approvazione definitiva, abolisce anche l’albo dei fornitori, per il quale era stata lamentata l’inapplicabilità, e il monitoraggio delle presenze per l’ospitalità nelle camere. Viene inoltre introdotto il limite massimo dei 100 pasti giornalieri, tuttavia con possibilità di deroghe per il superamento, oltre al riconoscimento di poter macellare in azienda i capi di piccola taglia. Attualmente in Sardegna ci sono 848 agriturismo e 78 ittiturismo e pescaturismo.

“Dobbiamo salvaguardare la tradizione dell’agriturismo puntando sull’attività principale agricole e quindi sulla produzione interna e non acquistata in qualche supermercato – ha detto l’ex assessore del Turismo, Luigi Crisponi (Riformatori) – per questo ci siamo astenuti in Commissione e speriamo che la percentuale possa essere modificata in Aula. Noi auspichiamo che si arrivi ad un limite del 50 per cento dei prodotti in tavola proveniente da attività agricola regionale e locale – ha aggiunto – si è approdati al 35 per cento e questo significa che il 65 per cento dei prodotti può arrivare da fuori azienda. Questo non è in linea con le altre regioni: in Friuli il 70 per cento, in Veneto e in Abruzzo il 60%, in Basilicata il 50 per cento”.

Anche secondo l’ex assessore dell’Agricoltura, Oscar Cherchi (Fi), “il 35 per cento è troppo poco”. “Non si può fare una una legge in contrasto con le regole del mercato e l’attività agrituristica deve rimanere un’integrazione del reddito – ha spiegato Luigi Rubiu (Udc), – e non possiamo permettere che aziende non agricole si trasformino in pseudo aziende agrituristiche”. Per Modesto Fenu (Zona Franca), “occorre delineare bene i confini in cui operano gli agriturismo che non devono diventare ristoranti mascherati. Siamo per le filiere e gli scambi tra aziende produttrici di prodotti locali, ma non è accettabile che si possano acquistare il 65% nei centri commerciali”. Infine il sardista Angelo Carta: “è quantomeno strana l’accelerazione voluta dalla maggioranza che ha approvato questa legge in commissione senza che vi sia l’urgenza di portarla in Aula e senza quindi un approfondimento su temi fondamentali, tra l’altro con una minoranza disposta al dialogo”.

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