“Questo è un libro che nasce da un titolo: la storia della mia ansia”. Esordisce così Daria Bignardi attesissima ospite domenicale agli incontri dal Balcone di S’Antana e ‘E Susu, cuore del Festival di Gavoi. Storia della mia ansia, pubblicato da Mondadori, racconta la vita di Lea, una donna che deve ogni giorno fare i conti con il suo matrimonio in crisi, alla continua ricerca di un equilibrio complesso tra lavoro, famiglia, amore, frustrazione. Poi, un giorno, a spaccare quell’equilibrio sempre precario, arriva improvvisa la notizia della sua malattia e, per la prima volta, Lea dovrà imparare a prendersi cura di sé.
“Sono trenta anni che sono in guerra” dice Lea. E la cosa peggiore è che il suo peggior nemico è proprio se stessa: le sue abitudini, le sue convinzioni, quella rappresentazione che lei ha del mondo e che non le permette di mai di guardarsi dentro per provare davvero ad ascoltarsi. Facile capire che la storia di Lea, è in gran parte la storia di Daria: “Come Lea, ho avuto una madre malata di ansia ossessiva e per anni, avendo detestato l’ansia di mia madre e adorato lei, ho rimosso l’idea di soffrirne… Alla fine mi sono arresa, l’ho accettata, l’ho usata, ho capito che era il motore di tutto quel che facevo”.
Non sacrificare la propria vita per la felicità degli altri, sembra essere un buon antidoto contro l’infelicità che scuote la protagonista. “Ho sbagliato, ma ora sono”, si ripete come un mantra Lea. E sempre di più ci si convince di quanto quel personaggio immaginato, rispecchi la vita della giornalista delle Invasioni barbariche, ed ex direttrice di Rai3, che proprio durante la nomina scoprì di avere un tumore. “La chemioterapia fa schifo – dichiara davanti a una platea che sembra farsi ancora più compartecipe e silenziosa – ma serve. Scrivere mi ha aiutata ad andare oltre quel terribile periodo. Attenzione, però, questo non è un libro sulla malattia e non è un libro sul tumore, è soltanto una storia d’amore, anzi, una storia sul rapporto tra l’amore e l’ansia. Il cancro è soltanto un evento che lo attraversa”.
Donatella Percivale