L’arte dei Santissimi “evade” e si fa strada oltre le mura dell’Exma

L’arte dei Santissimi invade lo spazio urbano e si fa strada oltre le mura dell‘Exma di Cagliari. Per una necessità di uscire dalle sale, dalla penombra e venire alla luce per incontrare il mondo. Dalle finestre della facciata dell’ex Mattatoio, oggi centro d’arte e culturale, sulle vie Sonnino e Logudoro, affiorano e spingono verso l’esterno, masse informi di carne, in una festosa primavera cui allude anche la citazione su Gandhi impressa sulla parete. Parole che sottolineano la forza inarrestabile del risveglio della natura.

È “Rosa rosae rosae“, nuovo capitolo e ideale prosecuzione dell’esposizione allestita fino al 16 settembre nelle sale dell’Exma a cura di Simona Campus: “Santissimi”. La mostra indaga l’esistenza attraverso il corpo, la sua diversità e le sue mutazioni, quello stato intermedio tra la vita e la morte. Sara Renzetti e Antonello Serra, in arte i Santissimi, hanno scelto per l’installazione esterna un titolo dal chiaro richiamo cromatico alla materia-silicone plasmata per dar vita tra le pareti interne dell’Exma a una progressione di corpi di donne, uomini, bambini, in trasformazione, piccole e grandi sculture ‘anatomiche’.

Rosa rosae rosae scaturisce dall’esigenza di uscire allo scoperto, in una nuova rinascita per andare incontro al pubblico. Una provocazione, un gioco ad arte e un’azione ‘politica’ concepita per instaurare un dialogo con la città, confrontarsi con i passanti e rileggere storia e identità del luogo. L’ultimo step del percorso espositivo, il grumo pulsante di materia compresso e sospeso, che gli artisti chiamano ‘Mom’, (mamma), diventa l’antefatto, l’immagine da cui deriva questa fuoriuscita di materia amorfa che preme verso il fuori.

“L’installazione – spiegano i Santissimi – parte dall’idea stessa di un ex mattatoio immaginato come un contenitore di corpi morti la cui gravità spinge verso l’esterno e come carne pressata, trova come via di fuga le finestre e da qui può irrompere sulla strada”. Una irruzione per stadi: dapprima la massa sfonda la parete murata nella successiva affiora compressa dentro un vetro, poi la clausura obbligata del legno che man mano cede alla spinta. Per tornare all’essenza della materia oltre la forma, in una ricerca estetica che trova la sua definizione attraverso lo sguardo dell’altro.

(foto di Alessandro Cani/Ansa)

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