“Questo vostro angolo di paradiso. Con i vermi che saltano nel formaggio e le spiagge più belle del mondo”

Antonio Caprarica è stato inviato della Rai al Cairo, Gerusalemme, Baghdad, Mosca, Parigi e in Afghanistan. Attualmente è il corrispondente della Rai nel Regno Unito. Ha scritto più di dieci saggi su temi politici e di costume. Gli ultimi lo scorso anno, “Oro, argento e birra” (Sperling & Kupfer-Rai-Eri) e “Ci vorrebbe una Thatcher” (Sperling & Kupfer)

La prima volta che sono stato in Sardegna risale niente popo di meno che all’anno di grazia 1972. Ero un ragazzo di vent’anni, Dio lo protegga quel ragazzo lì (sorride), fu un’indimenticabile vacanza a Santa Teresa di Gallura. Un paradiso di cui temo che qualche traccia sia andata perduta nell’arco di questi quarant’anni testè trascorsi. Era veramente un paradiso Santa Teresa, piccolina e ancora tutta raccolta attorno al porticciolo.

C’erano delle spiagge lunghissime, bianchissime e deserte. Non ho mai visto delle spiagge così incantevoli e così vuote, così religiosamente consegnate alla natura. Non dimentico di aver scoperto nella circostanza il famoso “Formaggio coi vermi”. Andavamo in giro con la macchina, girovagando senza una meta precisa, quando un giorno decidemmo di allontanarci dal mare. Arrivammo in una località chiamata Trinità D’Agultu, un paesino arroccato in montagna con poca gente in giro, dove chiedemmo se ci fosse un posto dove potevamo andare a mangiare qualcosa. Ci venne indicata una taverna, direi fosse più un’osteria, dove ci servirono dell’ottimo Cannonau e questo fantastico formaggio coi vermi che ci saltavano addosso. Era così buono, inutile dirlo, che ce lo divorammo tutto quanto. Fu l’inizio della mia pluridecennale frequentazione e conoscenza con la Sardegna.

Vado matto per gli gnocchetti e il porceddu al latte. Adoro certi cannonau, ma soprattutto il vermentino sardo che è fantastico, uno dei migliori vini bianchi del Mediterraneo. Dimenticavo che vado pazzo per la bottarga. Non parto mai dalla Sardegna senza portarmi dietro in valigia della bottarga di muggine.

In Sardegna sono stato moltissime volte, a partire da quell’iniziale puntata giovanile, poi sono stato svariati anni in vacanza, sia a nord che a sud dell’Isola. Non solo Costa Smeralda, ma anche Villasimius e tutta la costa sud, compresa la zona di Chia, dove al Forte Village presentai uno dei miei libri.

Penso che la Sardegna sia veramente un angolo di paradiso che il buon Dio si è dimenticato su questa terra e, per fortuna, l’ha affidato ai sardi che lo hanno ben protetto, almeno fino a poco tempo fa. Spero non dimentichino la loro missione di angeli custodi. Ho ancora dinanzi agli occhi quella bruttura, quell’orrore della devastazione della collina che domina il Golfo di Cannigione, alle spalle di Baia Sardinia. L’ambiente è stato deturpato da queste case ad alveare che hanno costruito e, credo, siano rimaste per la maggior parte inabitate. Insomma, c’è stato un assalto selvaggio e una speculazione edilizia che poi è stata parzialmente fermata. I sardi non possono dimenticare di essere i custodi, in nome e per conto dell’umanità intera, di uno dei più bei paesaggi italiani.

Ho tantissimi amici sardi e, la loro caratteristica univoca, è quella di avere una grande serietà, determinazione, gente tosta che sa quello che vuole. Mi piace il carattere dei sardi, perché è forte, un po’ come il ‘Filu ferru’.

I sardi sono piccolini, anche se ora sono mediamente più alti di un tempo, ma, come diceva mia madre, che non era tanto alta: “Il vino è buono nella botte piccola”.
I sardi sono pochi e hanno sempre dovuto fronteggiare una natura aspra e hanno sempre dovuto fare con poco. Con quel poco che avevano hanno fatto grandi cose. Hanno costruito, soprattutto, un carattere tenace, determinato e sempre educato. Non posso dire che i sardi siano cordiali di primo acchito perché non sarebbe vero, ma come la maggior parte degli isolani, sono inizialmente diffidenti e sospettosi. La definizione più azzeccata sugli isolani e sul loro carattere, venne data da Roosevelt: “Sono i nemici più tenaci e gli amici più leali”.

Massimiliano Cordeddu

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