Franco Iseppi, ex direttore generale Rai: “La ricchezza della Sardegna? La Sardegna”

“Concordo con chi pensa che il futuro della Sardegna stia nel suo passato, ma non va museificato”. Franco Iseppi, ex direttore generale della Rai, è un attento interprete delle realtà turistiche dell’Isola. Storico curatore di tutti i programmi di Enzo Biagi, ed egli stesso autore televisivo, dal 2010 Iseppi è il presidente del Touring Club italiano, carica che proprio in questi anni gli sta facendo riscoprire un’isola che per lunghi anni aveva (quasi) dimenticato. Lo abbiamo incontrato nel suo elegante studio milanese e abbiamo parlato con lui di politiche culturali da adottare, di quali strategie intraprendere, di quale futuro nutrirci. Ecco cosa ci ha raccontato.
“Dopo anni di assenza ho riaperto il mio rapporto con l’isola: questa volta i miei interessi sono di lavoro (la prospettiva dello sviluppo del turismo in Sardegna) e non di ricerca, come è avvenuto in passato. Negli anni ’70 ho partecipato ad una indagine sullo sviluppo della zona di Ottana, riscontrando che il progetto di investimento in un nuovo polo chimico (non motivato in termini economici) non avrebbe rappresentato l’antidoto al banditismo. Negli anni ’80 sono stato coinvolto in un programma televisivo culturale e scientifico sul come era possibile costruire una ipotesi di sviluppo nella zona di Olmedo, un paese della Nurra.
Fortunatamente condizionato dagli studi di comunità (allora l’approccio socio-antropologico ai progetti di sviluppo era prevalente), ho immagazzinato nel mio personale archivio di conoscenza e di memoria i racconti serali nelle ospitali case o nei bar con amici ed avventori, con i sindaci, i parroci, i capistazione, nelle biblioteche, nei musei, nelle passeggiate tra i campi di carciofi, di grano, di angurie, nei vigneti, nelle visite ai solitari monumenti nuragici, nelle passeggiate lungo i mari e negli stupendi panorami delle alte coste, nelle impervie ed attrattive zone interne della grande isola.
La progressiva conoscenza della realtà aumentava la curiosità a capire gli elementi di base della società sarda, quali le condizioni della qualità della vita, il livello di sviluppo economico, ancora polarizzato su agricoltura-pastorizia–miniere, con un nascente turismo che nel suo complesso non limitava l’emigrazione verso il continente.
Era naturale che, con tale approccio, dovuto ad un ricercatore nato, formato sulle letture e sulla sperimentazione (il suo nome è Giancarlo Moretti che, diversamente da me, ha mantenuto forti legami di amicizia con le numerosissime persone che ha incontrato nel suo sistematico vagabondare in terra sarda), immaginassi di poter diventare “sardo tra i sardi”. Non è andata così, ma si è radicata in me una particolare metodologia di analisi, di lettura, di interpretazione della cultura sarda come sfondo e premessa allo sviluppo locale.
Non “una cultura sarda”, ma le “culture sarde” che si diversificano, si affermano, si conservano in ogni nucleo, in ogni paese di ogni regione sarda. Il fascino delle diversità territoriali storiche e culturali continua ad essere prioritario rispetto all’economia. Le antiche storie individuali o di gruppo sono da me continuamente rivissute, anche se collocate nella realtà di progressivo e rapido mutamento.
Mi rendo conto che leggere la Sardegna di oggi (come sarò costretto a fare per svolgere bene il mio lavoro) senza cancellare il fortunato e ricco impatto quasi esistenziale di cui sopra, possa sembrare condizionante, anche se non necessariamente povero e fuori dal tempo. So bene che senza una articolazione produttiva e di servizi per un paese non c’è economia, così come è documentabile che l’isola o l’insieme di isole non ha mai usato l’ambiente e il mare come concentrati di risorse e di valori materiali e immateriali, nella loro potenzialità veramente competitiva.
La difesa della sua insularità è un limite, la necessità di integrarsi al continente una necessità, ma nella consapevolezza che la ricchezza della Sardegna è la Sardegna. Sono, conseguentemente, da capire coloro che credono che il futuro della Sardegna stia nel suo passato, naturalmente non da museificare immutato, ma da valorizzare e vivificare con cura e creatività nel tempo presente”.
Donatella Percivale

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