‘Blue zone’ e al riparo dal coronavirus: ecco sei paesi sardi dove si vive di più

È la roccaforte della longevità in Sardegna e la zona in cui il coronavirus praticamente non si è visto. Una coincidenza che però fa dell’Ogliastra un territorio privilegiato soprattutto in tempi in cui viaggiare e entrare in contatto con altre realtà è considerato un rischio. Sì, perché il Covid in tutto il mondo fa ancora paura. Ma non così tanta, lo dicono i numeri, nel cuore dell’Isola. Qui sei paesi hanno ottenuto la ribalta internazionale grazie al marchio ‘Blue Zone’, un riconoscimento internazionale che certifica quei luoghi con “un livello di longevità eccezionale e fra i più alti del mondo”. 

In tutto il Pianeta questi posti si contano sulle dita di una mano: l’isola greca di Ikaria di fronte alle coste turche, Okinawa in Giappone, Nicoya in Costa Rica, la comunità di Loma Linda in California e, appunto, la Sardegna. Non tutta, ufficialmente soltanto sei piccoli centri: si tratta di Urzulei, Baunei, Talana, Villagrande Strisaili, Arzana e Seulo. A individuarli una ricerca condotta negli anni ’90 da Gianni Pes, ricercatore dell’Università di Sassari, e dal demografo Michel Poulain dell’Università Cattolica di Louvain. Sul perché in questi luoghi si registrino percentuali così alte di longevità ancora si indaga. Ma su alcuni fattori gli studiosi sono concordi: stile di vita, alimentazione e in parte anche l’isolamento hanno giocato un ruolo fondamentale. D’altra parte c’è chi continua a cercare l’elisir di lunga vita nel Dna. È il caso della fondazione Dna Ogliastra: l’ente, dopo la travagliata vicenda riguardante i dati genetici della popolazione ogliastrina, si occuperà di custodire questo ‘tesoro’ genetico frutto di un lavoro durato anni ma anche di favorire la ricerca per capire l’esistenza di effetti genetici legati all’alimentazione. 

Di rilevanza notevole anche le ricerche che presto potrebbero essere portate avanti a Seulo dove il Comune a dicembre ha approvato il progetto ‘Epigenos@Seulo’ in collaborazione con le Università di Sassari e Cagliari,  il centro Porto Conte ricerche e la Fondazione di Sardegna. A disposizione per il momento ci sono 140mila euro. L’obbiettivo dichiarato nella delibera della Giunta comunale è quello di “identificare le relazioni causali tra lo stato di salute di individui e intere popolazioni, da una parte, e i possibili condizionamenti dovuti all’ecosistema ambientale, compreso lo stile di vita”. Uno studio scientifico definito di “di elevato interesse medico-sanitario” che si basa sull’analisi del microbiota, l’insieme di batteri che popolano il nostro intestino e che potrebbero rappresentare delle valide sentinelle per capire l’eventuale modificazione dei geni.

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