Riva, lo scudetto e i silenzi di Scopigno: “Il mio ricordo più bello da calciatore”

“Il ricordo più bello della mia storia di calciatore”. Il riferimento è alla vittoria con il Bari e alla conquista matematica dello scudetto: 12 aprile 1970, mezzo secolo fa. E le parole sono di Gigi Riva, il bomber. Del Cagliari e della nazionale (vanta ancora il record di tutti i tempi, 35 gol in 42 presenze in azzurro). In realtà ‘Rombo di tuono’, di quell’impresa che ha cambiato il calcio portando il tricolore per la prima volta a sud di Roma, se ne è accorto davvero il giorno dopo. “Il mattino successivo a quella partita – racconta in esclusiva all’Ansa – è stato forse ancora più bello. Bello perché dopo il Bari ci sembrava di sognare. Ma quando ci siamo svegliati ci siano davvero resi conto di quello che avevamo fatto. L’abbiamo capito solo allora. Era lunedì: non c’era allenamento, ma con la squadra e Scopigno, che la sera doveva partire a Roma, ci siamo trovati all’Amsicora. Vuoto, mentre 24 ore prima era stracolmo.

Lì, nel silenzio, ci siamo guardati in faccia. E abbiamo realizzato che era tutto vero”. Prima, anche quando la squadra era in testa alla classifica, la parola scudetto era quasi tabù. “Non ne parlavamo mai – confessa Riva al telefono dalla sua casa a Cagliari – noi giocavamo tranquilli. Ma pur rendendoci conto che stavamo andando veramente forte continuavamo a fare finta di niente, era il nostro modo di vivere quel momento”. Il giorno di Cagliari-Bari anche Scopigno si accorse che quella non era una partita qualsiasi. “Di solito – racconta Riva – non parlava mai con la squadra prima della partita. Quel giorno però fece un’eccezione. Con calma ci disse: ragazzi, siete arrivati sino a questo punto. Vedete un po’ voi cosa dovete fare”. Davanti a lui c’era un Riva che la notte prima non aveva chiuso occhio. “In realtà prima di ogni partita non riuscivo mai a dormire. Anche quella notte fu così, volevo riposare ma non ci riuscivo”.

E l’alba fu quasi una benedizione. “Avevamo l’appuntamento con i compagni come al solito al ristorante Corallo – racconta – poi ci siamo avviati verso lo stadio. Si avvertiva che c’era qualcosa di speciale, ma eravamo tranquilli. Io, nonostante la notte insonne, stavo bene, mi sentivo carico”. Poi, dopo il colloquio con Scopigno, l’uscita dagli spogliatoi: “Mi ricordo un pubblico spettacolare, migliaia di persone che chiedevano una sola cosa. La verità? No, non eravamo nervosi. Abbiamo fatto la nostra solita partita con la nostra solita mentalità. L’abbiamo condotta senza intoppi e sorprese. E sono arrivati i gol”. Uno suo, naturalmente. E l’altro di Bobo Gori. Serviva anche un altro risultato, però: il tricolore “matematico” era legato alla partita dell’Olimpico. “Noi non stavamo pensando ad altro che a giocare e vincere – ricorda Riva – non ci importava sul momento di quello che succedeva altrove. Ma come stavano andando le cose tra Lazio e Juventus lo capivamo dalla panchina e soprattutto dal rumore che faceva il pubblico”. Poi il fischio finale: “È stato come un sogno, ci abbracciavamo tutti e ci riabbracciavamo.

Eravamo una sola cosa, chi giocava e chi giocava di meno. Quando siamo scesi negli spogliatoi c’era Scopigno in lacrime. E il pubblico era in estasi. Io penso che nessuno di quelli che era lì quel giorno, possa mai dimenticarsi di quello che è successo in quella partita”. Rimane il giallo della maglietta numero 11 del giorno dello scudetto. “L’ho data a Loseto – svela Riva – il giocatore che mi marcava: glielo avevo promesso quando stavamo entrando in campo”. Proprio quel Loseto che all’andata lo aveva lasciato senza gol, a Bari. Poi una festa che non finiva in più in mezzo a una città che era scesa in strada e non ne voleva sapere più di tornare a dormire. “Una festa piena di gioia – ricorda ancora ‘Rombo di Tuono’ – bella anche perché i tifosi del Cagliari si comportarono splendidamente. A noi sembrava di vivere un sogno, in quel momento non ci rendevamo conto di nulla. Andammo a cena, poi finimmo la serata a casa di Arrica (il vicepresidente, il vero artefice dell’acquisto di Riva pochi anni prima, ndr)”. Lo scudetto a Cagliari, qualcosa di incredibile. “No, anche quando le cose stavano andando bene era un pensiero lontano dalla nostra immaginazione. Io ero solo un ragazzo che arrivava da Leggiuno, lontanissimo, per giocare in serie B. Siamo saliti in A, ma lo scudetto era qualcosa di impensabile. Non preventivato, nemmeno quando è iniziata la stagione che ci ha portato al primo posto. E invece lo scudetto è arrivato. Una soddisfazione immensa conquistata grazie al nostro carattere e al nostro temperamento. Un campionato che abbiamo meritato di vincere.

(Ansa)

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