“L’Avvoltoio” di Cesar Brie: indagine sull’occupazione militare di Quirra

Nuova produzione di Sardegna teatro in scena al teatro Massimo: da oggi e fino al 10 dicembre va in scena, in prima mondiale, L’Avvoltoio nato da un’indagine di Anna Rita Signore con la regia di Cesar Brie, basato su una storia vera. Il dramma  dei territori vessati dall’occupazione militare ha come epicentro Quirra, il piccolo villaggio della Sardegna sud-orientale, all’interno di un vastissimo territorio poco antropizzato e destinato al pascolo brado che ospita, dalla metà degli anni ’50, il più grande Poligono sperimentale d’Europa.

Uno spettacolo che non è soltanto una piece teatrale ma che si presenta come una drammatica realtà. Diversi gli eventi collaterali per riflettere e indagare sul tema.
Oggi, 28 novembre, giorno del debutto, alle ore 19.00 lo spettacolo sarà preceduto da un incontro moderato da Carlo Porcedda giornalista, sceneggiatore e documentarista che ha pubblicato inchieste e reportage per la Repubblica, Quark, El Mundo, Il Venerdì, l’Espresso e autore del libro/inchiesta Lo sa il vento. Il male invisibile della Sardegna insieme a Maddalena Brunetti. Porcedda dialogherà con
Cesar Brie regista argentino de L’Avvoltoio, che ha concepito tutta la sua ricerca artistica in connessione con uno sguardo politico non allineato. Con loro anche Anna Rita Signore giornalista, autrice del testo L’avvoltoio scaturito dall’indagine sul Poligono di Quirra e che ha vinto il Premio Calcanti alla Drammaturgia, Pietro Mele artista che vive e lavora tra la Sardegna e Berlino e che svolge una ricerca su realtà minori e fatti storici ritenuti marginali, che divengono oggetto di indagine e rielaborazione linguistica.
Durante l’incontro saranno proiettati i video Quirra, il poligono della morte –  La sindrome di Quirra esiste, intervista a Domenico Fiordalisi di Carlo Porcedda e Everyday di Pietro Mele.

Alle ore 17,00 Pietro Mele condurrà una masterclass gratuita su strutture narrative e immagini non convenzionali

 Teatro Massimo 28 novembre

Teatro Massimo – Mgallery ore 17.00
COSA RACCONTA UN’IMMAGINE
masterclass gratuita condotta da Pietro Mele 

Un momento di riflessione sotto forma di brain storming in cui si ragionerà sulle modalità di comprensione e appropriazione di un’immagine nell’età contemporanea.
Teatro Massimo – foyer ore 19.00
Liberos e Sardegna teatro
LO SA IL VENTO MA NOI NO
Incontro con Carlo Porcedda, Cesar Brie, Anna Rita Signore e Pietro Mele
Proiezioni video Quirra, il poligono della morte e La sindrome di Quirra esiste, intervista a Domenico Fiordalisi di Carlo Porcedda e Everyday di Pietro Mele

TEATRO MASSIMO CAGLIARI

28/29/30 novembre ore 21
1/5/6/10 dicembre ore 21
2/7 dicembre ore 19
3/8/9 dicembre ore 17
LAVVOLTOIO
Sembrava la neve

Testo e indagine di Anna Rita Signore
Regia Cesar Brie
Assistente alla regia: Anna Rita Signore
Con Emilia Agnesa, Agnese Fois, Daniel Dwerryhouse, Valentino Mannias, Marta Proietti Orzella, Luca Spanu, Luigi Tontoranelli
Musica: Luca Spanu
Costumi: Adriana Geraldo
Scene: Sabrina Cuccu
Luci: Loïc François Hamelin
Tecnico di compagnia: Fabio Piras
produzione Sardegna teatro

«Un ringraziamento particolare al Procuratore Domenico Fiordalisi e al suo lavoro ostinato, difficile, scomodo. Senza la sua inchiesta sui veleni del Poligono, L’Avvoltoio non sarebbe nato.»

 

Note sul lavoro

«Dentro l‘Italia c’è una grande terra isolata, con poca gente e poche città. Ettari e ettari, quasi spopolati, abitati da gente tenace, ma incapace di realizzare iniziative comuni. Mangime per politici».
Questo sprezzante stigma della CIA sulla Sardegna scoperchia la scena de L’Avvoltoio, regia di César Brie e produzione Sardegna Teatro, che prende le mosse dal testo di Anna Rita Signore, – «Premio speciale Claudia Poggiani alla Drammaturgia», all’interno del Premio Calcante 2014 – nato a partire dalla sua indagine documentaria. Il focus è sul più grande poligono militare d’Europa in Sardegna; il testo procede come un’inchiesta giornalistica che condensa dati di biografia personale e collettiva; lo spettacolo assurge a opera poetica in cui le azioni sono cucite insieme nella trama della commedia umana.
Se lo scopo della medicina è la salute, lo scopo del teatro è la felicità – dice Aristotele – e César Brie, mentre sovrappone un contenuto di denuncia, ossia fatti di un’attualità stringente – tuttora irrisolti – a una regia puntuale, in cui le differenti personalità attorali compongono una polifonia corale, punta lo sguardo sulle capacità precipue del teatro di farsi luogo di poesia e coscienza, lotta e incanto.
In una scena in cui ciascun oggetto ha una pregnanza evocativa, come dalla lezione kantoriana, i protagonisti titillano una crudeltà che schiude alla pietà e, dirigendo le fila di una danza macabra, rovistano tra le macerie dei disastri dell’umano sull’umano, cercandovi una traccia di sacralità universale.
L’avvoltoio è un’allegoria visiva, inscena un’intimità che ha peso sociale perché, demolendo gli idoli, scava nella facoltà di fare il bene.

 

Note d’autore

L’Avvoltoio si basa su una storia vera. Epicentro: Quirra, un piccolissimo villaggio della Sardegna sud-orientale, all’interno di un vastissimo territorio poco antropizzato e destinato al pascolo brado che ospita, dalla metà degli anni ’50, il più grande Poligono sperimentale d’Europa. Eserciti di tutto il mondo e aziende private vengono qui per testare nuovi sistemi d’arma, addestrare truppe, simulare guerre.
Ma cosa si sperimenta in questo Poligono e cosa si è sperimentato in passato, non è dato saperlo. Troppi interessi sul tavolo, troppi segreti e omissioni. Troppe risposte, vaghe e contraddittorie. Una sola amara certezza: la sindrome di Quirra – sorella minore delle sindromi del Golfo, dei Balcani, di Mogadiscio – che colpisce civili e soldati, e alimenta il sospetto che all’interno della base, si siano usate munizioni all’uranio impoverito, con le esplosioni si siano prodotte nano-particelle di metalli pesanti e radioattivi, si siano smaltiti e stoccati rifiuti pericolosi, armi chimiche e batteriologiche.
È una storia di cui poco si sa: coperta da segreti militari e industriali, è scrupolosamente protetta dal silenzio di Stato. E dal silenzio – ben più drammatico perché dettato dalla disperazione –  di quella parte della popolazione, socialmente più fragile, che non parla per paura. Ancora una volta, il ricatto si tinge di dramma sociale: «se accetto e sto zitto rischio di morire, ma ho un lavoro; se non accetto, muoio di fame».
Ci troviamo nella sala prove di un teatro. Un gruppo di attori è alle prese con l’allestimento di uno spettacolo teatrale per denunciare quello che, da anni, sta accadendo all’interno e a ridosso del Poligono. Le vicende personali degli attori si intrecciano pian piano con quelle dei loro personaggi. Ricorrendo all’espediente del «teatro nel teatro», L’Avvoltoio si serve degli attori e dei personaggi per dare fiato al dolore di padri e madri, figli e figlie, fratelli e sorelle, soldati: testimoni e vittime tutti della stessa tragedia. La loro storia tocca da vicino Quirra e l’intera Sardegna, con il suo territorio occupato per il 60% da servitù militari; ma coinvolge tutta l’Italia, con i suoi Poligoni nel Triveneto, in Puglia, nel Lazio, in Toscana, su cui gravano forti sospetti di contaminazione. Per questo attori e personaggi non fanno mai nomi, né di luoghi, né di persone. L’Avvoltoio racconta la loro storia così com’è, cruda e ruvida. Vuole scuotere lo spettatore; farlo riflettere, arrabbiare; spingerlo a fare domande, e chiedere le risposte a chi quelle risposte deve darle. C’è una strage in corso. Silenziosa.

Oggi è in corso il processo che vede, per la prima volta in Italia, dietro il banco degli imputati, otto alti ufficiali militari.

(Anna Rita Signore)

 

Note di regia

Nel 2015 Anna Rita Signore mi ha chiesto di mettere in scena il suo testo basato su un’indagine rigorosa da lei fatta sul poligono di Quirra. Risposi che doveva essere lei a farla. Nel testo c’era già una regia e io, invece, di solito scopro le chiavi della messa in scena nel lavoro con gli attori. Lei ha insistito e io ho accettato.
Diversi teatri hanno rifiutato l’opera fino a che Massimo Mancini, di Sardegna Teatro, ha deciso di produrla. Sono stato in Sardegna tre volte: la prima per un seminario, conoscerci con gli attori e sceglierci. La seconda, per lavorare sul testo e trovare gli elementi della scena. E adesso per finire l’opera e mostrarla.
Nel frattempo abbiamo ridotto il testo con Anna Rita, trasformando le parole sorte dall’indagine in dialoghi e poesia. Questo lavoro è proseguito fino a tre settimane dalla prima. É stato bello confrontare con l’autrice la voglia di dire tutto con l’esigenza di sintesi e metafora che la scena impone, che gli attori sentono e i personaggi esigono. Le parole in bocca agli attori sono il frutto finale di questo percorso.
Ho chiesto a Loïc François Hamelin ˗ un poeta delle luci ˗ di vedere una prova. Lui ha capito subito cosa serviva. Ha disegnato luci semplici, efficaci e suggestive.
Sabrina Cuccu ha realizzato uno spazio metaforico che diventa la scena che desideriamo: tombe, il perimetro di un poligono, l’uranio, la spiaggia, le case dei pastori, gli uffici della procura.
Adriana Geraldo ha pensato i costumi con l’idea metonimica di rendere, con segni e oggetti, i diversi personaggi: pastori, militari, tecnici, medici.
Il resto è stato lavorare con attori entusiasti e disponibili a lunghe giornate di prove e serate di memoria. Ho imparato tanto da questo lavoro, dagli attori, dal clima che si respira in questo teatro, dove ho incontrato persone disponibili, attente, curiose e umane.

(César Brie)

 

Premio alla drammaturgia conferito a L’Avvoltoio dalla SIAD-Società Italiana Autori Drammatici: «Premio speciale Claudia Poggiani, all’interno del Premio Calcante 2014»

Anna Rita Signore nata a Lecce, vive a Milano. Dopo le prime esperienze come assistente alle scene e ai costumi, dal 1999 al 2015 è stata aiuto regista di Elio De Capitani presso il Teatro dell’Elfo di Milano. Da sempre sensibile alle tematiche ecologiche, ha scritto di ambiente e di bioarchitettura, ha realizzato reportage su temi ambientali e sociali. «L’avvoltoio» è il suo primo testo di scrittura teatrale.

César Brie nasce a Buenos Aires, Argentina. Arriva in Italia a 18 anni con la Comuna Baires, gruppo teatrale di cui è cofondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Con questo gruppo ha cominciato a sviluppare un’arte apolide, a stretto contatto con le molte realtà incontrate in una vita passata per scelta in esilio.
Dopo il 1975 crea a Milano il Collettivo teatrale Tupac Amaru e iniziano le colalborazioni con Danio Manfredini.
Dal 1981 al 1990 lavora insieme a Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e poi nel Odin Teatret nelle vesti di autore, regista e attore. Nel 1991, fonda in Bolivia il Teatro de los Andes. Con questo gruppo ha creato spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità: una serie di lavori esemplari destinati a girare il mondo (Romeo e Giulietta, Ubu in Bolivia, Solo gli ingenui muoiono d’amore, Dentro un sole giallo, Fragile, Otra vez Marcelo… l’Iliade, Odissea).

Oggi Cesar Brie è ancora in Italia come pedagogo, e come autore/attore/regista. In Italia il suo lavoro è stato raccolto in 4 libri:César Brie e il Teatro de los Andes, della UBU LIBRI) e Dentro un Sole Giallo, IL Cielo degli Altri e L’Iliade del Teatro de los Andes, editi da Titivillus tutti a cura di Fernando Marchiori. E due documentari: Dalle Ande agli Appennini di Giancarlo Gentilucci e La Hacienda del Teatro di Reinhardt Manz.

 

 

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