Il Mediterraneo di Ben Jelloun spiegato agli studenti: “Un lago di pace diventato lager”

“Se ci salveremo dalle barbarie sarà grazie ai più giovani. Per questo ogni giorno abbiamo il dovere di seminare, di scambiarci la parola sperando di vederne i frutti. Credo profondamente nell’atto della creazione, nella forza dirompente della poesia e della letteratura”.

Si accomiata così Tahar Ben Jelloun, il più grande scrittore maghrebino di lingua francese, ospite a Cagliari del festival Leggendo Metropolitano per Cagliari capitale Italiana della Cultura 2015, nell’ambito della rassegna “Thalassaki”, in occasione di un affollato incontro sul tema del Mediterraneo. L’autore di libri straordinari come “Creatura di Sabbia” “Notte fatale” (Premio Goncourt 1987), “Il razzismo spiegato a mia figlia”,  si concede al bagno di folla di studenti e appassionati. Ma gli occhi di Jelloun sono stanchi. E non solo per il viaggio. La speranza che nutriva nell’ultimo incontro cagliaritano di tre anni fa al teatro Massimo, è andata via via spegnendosi. Rivoluzioni e guerre bruciano e deturpano quel Mediterraneo da lui tanto amato, “Quel lago di pace che purtroppo è diventato un lager”.

Quanto sta accadendo in questi giorni in Egitto, in Siria, in Libano, sembra non lasciare più spazio alla speranza. “Non sono un teologo – afferma- ma confido nella forza delle religioni per favorire un dialogo reale e costruttivo sulle civiltà”. Ecco perché nel suo ultimo libro “Racconti Coranici” (ed. Bompiani) ha ascoltato mille storie e le ha riscritte col tono della fiaba per poi raccontarle ai più piccoli. I giovani sono da sempre al centro della sua attenzione. Sin dagli anni di Rabat, gli anni dell’insegnamento e della filosofia. “Qualche anno fa sono andato in Sicilia a parlare di mafia ai ragazzi delle scuole -racconta-; non so se quel seme è attecchito, ma so che dovevo farlo. Perché sarà anche grazie alla cultura se riusciremo a cambiare il mondo”.
Fare attenzione ai particolari, dunque, ascoltare i paesi che abitiamo e che siamo, ricordarne le storie, le tradizioni, le lingue: non è impossibile, eppure è una sfida che troppo spesso releghiamo ai margini. Non c’è solo spazio per la crisi economica, per i titoli dei giornali, c’è la forza della morale, l’intuito che ci accompagna ogni giorno nella vita, in un itinerario fatto di sguardi, emozioni, desideri. Lo sguardo malinconico di Ben Jelloun non ignora le ferite, le ineguaglianze, le rassegnazioni che viviamo quotidianamente, eppure ci esorta a continuare il cammino, a non dimenticare la parola del poeta, quella di Virgilio, che ha così tanto amato ma anche di Dante e di Voltaire. “Molto dipende dalla nostra disposizione ad accogliere quello che ci viene presentato, perché l’anima non si dà, non si concede, non svela niente della sua intimità. È in noi o non  lo è”. Bien sur, monsieur Jelloun.

Donatella Percivale

(foto di Giorgio Russo)

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