Dopo Gardaland ecco il “Sulcis Express”: in treno dalle miniere al mare. Un viaggio (per ora) immaginario

Un trenino verde per il Sulcis: locomotore e vapore, vagone passeggeri di legno e velluto. Un tuffo indietro di un secolo per ammirare, a passo lento, le meraviglie della natura di un’area unica. Un’occasione per dare lavoro agli ingegneri e agli operai che recupereranno la linea delle Ferrovie meridionali sarde con le sue gallerie e i suoi viadotti, al personale che accoglierà i viaggiatori, alle guide turistiche dei musei che scandiranno, stazione dopo stazione, il percorso. E poi ai cuochi e ai camerieri dei ristoranti e dei bar, agli albergatori e ai gestori di Bed and breakfast e di agriturismi.

E’ una delle proposte presentate al concorso di idee per il Sulcis. Non innovativa e sorprendente quando quella di realizzare un parco di divertimenti sul modello di Gardaland, ma “pervasiva”: capace, cioè, di abbracciare tutti gli aspetti di una realtà ricca, complessa, dove le meraviglie della natura si alternano alle testimonianze della fatica dell’uomo.

Ma come potrebbe essere, una volta realizzata l’opera, un viaggio sul  TVS ( Trenino Verde Sulcitano)? Abbiamo deciso di fare un salto nel futuro. E siamo saliti sul “Sulcis Express”.

Siamo partiti dalla vecchia stazione di Siliqua recuperata e tirata a lucido con una bella sala d’aspetto comunicante, da un lato, con un salone-museo dove possiamo vedere tante foto d’epoca e e antichi cimeli ferroviari, dall’altro con un bar-ristorante.

Tutto il personale che vi opera, come quello delle altre stazioni che incontreremo, è vestito con abiti dei primi del Novecento, dal capostazione alle cameriere. Il treno è una vecchia locomotiva a vapore “Breda”, riportata all’antico splendore da un sapiente restauro, che traina un piccolo vagone merci con la scorta del carbone e il vagone passeggeri con la sua linea in stile liberty e gli interni in legno e velluto rosso, tutto fedelmente ricostruito.

 

Ed ecco che il treno avvisa i passeggeri, col suo caratteristico fischio, che il momento della partenza è ormai prossimo. Dopo pochi minuti, sbuffando ma senza indugi, il convoglio si mette in movimento superando il ponte metallico sul rio Cixerri e tuffandosi nei mille colori delle  colline che profumano di mirto e delle altre essenze di questa stupenda regione della Sardegna per troppo tempo dimenticata.

Passiamo davanti al castello di Acquafredda ( dove fervono i lavori di una paziente opera di ricostruzione ) costruito intorno al 1215 su un impressionante sperone di roccia magmatica e diventato, nel 1257, la dimora del conte Ugolino della Gherardesca. Ora la linea va in salita, il treno procede con passo lento ma continuo. Dopo aver superato un monumentale viadotto a quattro archi e una galleria di 140 metri, raggiungiamo il valico di Campanasissa, 287 metri sul livello del mare, da cui si può godere di una vista mozzafiato con lo sfondo di Monte Arcosu, il patriarca della zona.

Arriviamo alla stazione di Campanasissa che, come quella di Siliqua e le altre del percorso, è stata recuperata perfino nelle mura tutte affrescate dal pittore-scultore sardo Stanis Dessy, dove il treno fa una breve sosta per consentirci di visitare il sentiero botanico che porta al Centro servizi dell’Ente Foreste con la sua xiloteca ( raccolta di essenze ) e una raccolta di semi del bosco.

Ripartiamo superando il valico. Ora procediamo in discesa. Il rollio dolce e lento del treno, assecondato da un clima mite e da un panorama unico, ci dona piacevoli sensazioni di benessere e tranquillità.  Siamo come abbracciati da una natura incontaminata dove falchi pellegrini, pecore e cavalli vivono in piena libertà.

Dopo aver costeggiato l’invaso della diga di Bau Pressiu, che ha conferito al luogo un aspetto quasi nordico con i suoi sinuosi fiordi, incontriamo un’altra galleria e poi il grande viadotto sul Riu de Fundus, alto 30 metri con 5 archi da 14 metri ciascuno, un capolavoro di ingegneria. Poco dopo raggiungiamo la stazione di Terrubia, frazione di Narcao, dove facciamo un’altra sosta. A poca distanza ci sono la galleria di S.Barbara, perfettamente conservata e visitabile, la miniera di Truba Niedda e la miniera di Rosas, già in gran parte recuperata col suo parco minerario, gli agriturismi e trattorie campestri.

Continuiamo a scendere fino ad arrivare al livello del mare.  La ferrovia prosegue in aperta campagna verso Santadi. Attraversiamo vigneti e cantine di uve carignano da cui provengono gli ottimi vini omonimi famosi in tutto il mondo. Dopo Santadi, il treno attraversa Piscinas, Giba, Villarios, Tratalias ( col suo splendido borgo medievale recuperato ) e quindi arriva a S.Giovanni Suergiu, già Palmas Suergiu, da cui partiva la diramazione per Iglesias. A poca distanza, ecco il grande parco acquatico e tematico S.E.V. Land. Dopo di che, superato il ponte romano, entriamo nell’isola di S.Antioco, poi troviamo Cussorgia e quindi Calasetta, capolinea e porta per il mare turchese.

Fine del viaggio immaginario. Noi ci siamo rilassati e divertiti. Speriamo di aver trasferito anche voi le piacevoli emozioni che abbiamo provato. Speriamo soprattutto, un giorno non lontano, di poter ripetere lo stesso viaggio  senza bisogno della fantasia.

Se però non fosse possibile aver tutto questo subito, c’è una ipotesi intermedia. La trasformazione di una serie di tratti della linea ferroviaria in “piste ri(ciclabili), ossia percorsi per escursionisti e ciclisti. Un progetto del genere, curato dalla Provincia, è già in fase di realizzazione nel tratto della linea ferroviaria da  S.Giovanni Suergiu a Carbonia: tre chilometri e mezzo di tracciato con un impegno di spesa di 700 mila euro. E’ anche stato previsto il raccordo con l’altra linea per S.Antioco. Un’altra possibilità di sviluppo economico alternativo e sostenibile. Ed è a portata di mano. Occorre solo la volontà di realizzare le idee.

Carlo Martinelli

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