Quattro ristoranti a Pechino e altri due che apriranno a breve nel Paese: a Shenzhen, in autunno, e a Xi’an nel 2015. Lo stratega di questo risiko della gastronomia è un quarantenne ogliastrino, originario di Lanusei, Massimo Masili. La sua catena di locali, LMPLUS, conquista ogni giorno i palati di centinaia di persone; alcuni, celebri, come quelli delle star del cinema Jacky Chan, e della canzone, Zhou Run Fa. Ai suoi tavoli si è accomodato anche un sardo illustre, Gianfranco Zola. «La mia cucina –spiega – è molto tradizionale ma ha anche elementi innovativi; appena ho aperto al Central Park, nel cuore di Pechino, ho avuto un boom di clientela occidentale. Per me si è trattato di sfidare la tradizione cinese nel modo di stare in tavola. Loro prediligono i tavoli enormi, distanziati l’uno dall’altro per questioni di riservatezza, ma io ho fatto il contrario: tavoli piccoli, attaccati, per creare un’atmosfera tutta italiana e occidentale che ha funzionato bene. La notevole affluenza di stranieri ha attirato i cinesi che, solitamente, sono molto curiosi; ora costituiscono la gran parte della mia clientela».
L’obiettivo è farsi strada più come imprenditore che come ristoratore in senso stretto. Far bene il proprio mestiere per far crescere il business. Con la Sardegna nei pensieri: «la mia idea è riavvicinarmi progressivamente e fare qualcosa nella mia terra». A tavola culurgiones, bottarga, pecorino, olio extra vergine d’oliva, porcetto, le specialità più gettonate. Tuttavia, il segreto e l’attenzione, stanno perlopiù nella bottiglia: «I vini sono gli elementi principali della mia ristorazione; personalmente non abbino il vino al cibo ma faccio il contrario. Lo metto sempre in evidenza perché mi dà più la sensazione di convivialità, di casa e richiama allo stare assieme creando maggiore allegria. Ritengo che ciò sia alla base del successo della mia ristorazione». Molte le etichette sarde (Argiolas, Mesa, Sella&Mosca, Jerzu), tra queste ce n’è una privata, Vino, di proprietà di Massimo e frutto della grande amicizia con Valentina e Antonio Argiolas. Sulla sua creatura, l’imprenditore ogliastrino ci scherza su: «Sentire il cinese che ti chiede “Can i get a bottle of Vino” è bellissimo». Altrettanto bello è servire una sola marca di birra, peraltro molto apprezzata, l’Ichnusa: «Vedere tutti sorseggiarla “al bacio” mi fa sentire a casa».
Necessità, quella di sentirsi a casa, che ricorre spesso nelle parole di Massimo, andato via dalla Sardegna nel 1996, qualche anno dopo il diploma conseguito all’Istituto Alberghiero di Tortolì. La prima tappa è stata Roma, la seconda- fondamentale – Londra. «Ci sono arrivato nel 1998 per imparare la lingua e, alla fine ci sono rimasto quasi dieci anni. È stata la mia città madre; ho lavorato per grosse compagnie come A to Z, Sir Terence Conran, Enoteca Turi e, nel 2003, assieme a Massimo Usai di Assemini ho creato un piccolo ristorantino nel cuore di Putney che ha avuto un grande successo. È ancora in attività».
Il salto dal Vecchio Continente all’Estremo Oriente l’ha fatto nel 2006, inizialmente per dare una mano al fratello, Roberto, nella gestione del locale Isola e nella cura delle etichette: «Ne avevamo 480, tutte italiane e tra queste moltissime erano sarde.» La decisione di mettersi in proprio è arrivata qualche tempo dopo, proponendo una ristorazione a cavallo fra tradizione e innovazione con i sapori sardi sempre in tavola: «Alle specialità già presenti nei miei ristoranti – annuncia Massimo – se ne uniranno presto altre come la fregola, le seadas e una nuova linea di formaggi, di salumi e di vini».
Ora pensa a un nuovo ritorno a Londra, città da dove era partito come un novello Marco Polo. La sua personale via della seta è sempre la ristorazione attraverso la quale riallacciare i nodi con la Sardegna. «Il progetto londinese è connesso a quanto sto facendo a Jerzu; ho in mente una sorta di vetrina per attirare gli stranieri, far conoscere loro le nostre bellezze per invogliarli a investire nei nostri paesi. Il mio consiglio, ora come ora, è investire e concentrarsi sull’Italia dove ci sono molte opportunità come in tutto il mondo. La Sardegna offre varie possibilità d’impiego, anche se a volte solo stagionali, che andrebbero sfruttate meglio. Andare via dall’isola per la mancanza di lavoro è incredibile, dobbiamo curarla e starci per migliorarla. Dobbiamo avere inventiva e buona volontà. Il mio sogno – conclude Massimo – è rientrare nella mia terra e sento che lo farò presto. Voglio che mia figlia Martina capisca il valore della vita condotta in un paradiso come la nostra isola».
Giovanni Runchina