Carla Cristofoli, insegnante cagliaritana a Parigi: «Con un fantasy racconto ai bambini la storia della mia città»

Insegna ai grandi ma scrive per i piccoli, racconta l’isola ma non ci vive più da anni. È il complicato equilibrio di opposti grazie al quale ha raggiunto la felicità, professionale e non solo. Carla Cristofoli, cagliaritana di 46 anni, vive a Parigi, dove lavora come docente per adulti e coltiva, con uguale passione, progetti editoriali e di scrittura; alcuni suoi racconti brevi sono stati selezionati per il “Festival des Arts Florissants de la Sardaigne” che si è svolto di recente nella metropoli transalpina.

Il più curioso e intrigante tra tutti è “Le Torri di Kar El “, fantasy storico per bambini: «Racconta la storia di Cagliari e della Sardegna attraverso l’incontro tra una bambina sarda, Alina, e un bimbo francese, Alban; lei lo accompagna alla scoperta della città attraverso una miscela fatta di storia reale, di fantasia, di fantasmi e di leggende. Si tratta del primo episodio di una trilogia; il secondo è pronto per metà e il terzo è tutto nella mia testa. È una bella idea cui tengo molto, il mio viaggio nell’isola da straniera e spero di poterlo condividere con numerosi altri amici».

L’abbraccio con Parigi- dove ha seguito il marito, Thomas – è stato totale, avvolgente, senza riserve e le ha permesso di riconciliarsi con la sua storia. «Ho lasciato la Sardegna con rimpianto, ora non ne ho più. Nel 2005, anno in cui sono emigrata in Veneto dove ho insegnato per tre anni, ero in preda a stanchezza e svilimento profondi; avevo accumulato molte esperienze professionali e non avevo alcuna certezza. Credo di aver risolto il problema con il tempo, ragionandoci sopra, cercando di capire da dove venisse il mio rancore che, credo, fosse ingiustificato. All’inizio mi sentivo rifiutata, quasi fossi una figlia indesiderata; ora mi rendo conto che ognuno ha il suo percorso da fare, la sua strada da seguire. Mi sento finalmente straniera ed è una gran bella liberazione».

Dalla tavolozza di questa leggerezza ritrovata, Carla attinge i cibi, i luoghi, i colori che le occorrono per esaltare i suoi gusti parigini; fotogrammi che fa passare in rapida successione e che prendono la forma di mini affreschi: «Mi piacciono il vino, i croissants, il pain au chocolat, il mercato arabo di Château Rouge e quello del pesce di Bastille. Mi piace vestirmi come mi pare, tanto – aggiunge – nessuno fa caso a me e tutti si vestono come meglio credono».

La distanza dall’isola e il tempo trascorso sono stati il balsamo ideale col quale lenire i conflitti e ottenere equilibrio e serenità: «Ritorno regolarmente per ritrovare famiglia e amici. Probabilmente ho acquisito maggior consapevolezza di essere sarda vivendo fuori; ho pochissimi amici sardi a Parigi, ma è qui che ho conosciuto conterranei molto interessanti, capaci di insegnarmi molto. La permanenza all’estero – aggiunge – non mi ha levato niente, mi ha dato moltissimo, cambiandomi nel profondo e rendendomi più aperta e attenta all’altro. Incontro persone di tutte le nazionalità e di tutte le estrazioni sociali, ho imparato a ricevere l’altro e ad ascoltarlo. Senza pregiudizi. Questa è una città che mi fa sentire a casa perché è di tutti e di nessuno; camminarci per strada equivale a un viaggio continuo in nazioni ogni volta differenti».

E anche il terreno fertile nel quale far attecchire una spiccata attitudine al racconto: «La mia terra non la vedo ma la vivo, più e meglio di prima. Quando dico che sono sarda tutti mi osservano con meraviglia e, a forza di raccontare, credo di aver recuperato anch’io lo stesso incanto. “Le torri di Kar El” nasce proprio da questa operazione, anche se è lo sguardo dei francesi sull’isola che m’interessa recuperare. Per capirlo basterebbe guardare le illustrazioni realizzate da Riccardo Beatrici, che è di Trento e non è mai stato in Sardegna. Il suo lavoro nasce dalla mia narrazione, fatta di parole e immagini. Quando mi ha inviato i primi schizzi, ho avuto un tuffo al cuore».

Sensibilità, attenzione, capacità di coinvolgimento che Carla affina nell’attività quotidiana di docente: «In Italia ho lavorato nel sistema scolastico pubblico, qui in Francia mi confronto con gli adulti e nel sistema privato. Non posso fare un paragone, tuttavia posso dire che preferisco insegnare alle persone più grandi perché mi piace la relazione diretta e paritaria tra insegnante e allievi. Mi piace che tutti abbiano obiettivi ben precisi da raggiungere in un tempo ben definito, magari perché devono andare nel nostro Paese per lavoro ad esempio, e concordo con loro i modi e i tempi di gestione del programma. I miei alunni sono sempre motivati e la loro determinazione anima anche me. Ciascuno ha bisogni particolari e, ogni volta, è necessario che calibri in modi diversi quello che devo trasmettere. Una bella sfida che trovo molto divertente ed entusiasmante».

Giovanni Runchina

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