Uranio, la Difesa condannata a risarcire la famiglia di un soldato morto

La Corte d’Appello di Roma ha respinto il ricorso del ministero della Difesa che era stato condannato in primo grado a risarcire la famiglia di un giovane militare morto nel 2005 per linfoma di Hodgkin dopo aver prestato nel 2002-2003 servizio in Kosovo. Il ministero aveva contestato la sentenza di primo grado, in particolare laddove aveva stabilito l'”inequivoca certezza” del nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito ed il tumore insorto nel militare. La Corte d’appello ha però ritenuto “generiche ed inammissibili” le argomentazioni dalla Difesa, che è stata condannata a risarcire con circa 1,3 milioni di euro i familiari del giovane morto.

Con questa sentenza, sostiene Domenico Leggiero dell’ Osservatorio Militare, “un macigno giuridico si abbatte sul ministero della Difesa. Un macigno che rischia di schiacciare definitivamente ogni tentativo di confondere, nascondere la determinazione di chi ha voluto far luce e dare giustizia ai 317 militari morti e gli oltre 3.600 malati causati da una esposizione senza mezzi di protezione in zone bombardate da uranio impoverito”. L’Osservatorio, con l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, ha difeso la famiglia del militare morto. La pronuncia della Corte d’appello, prosegue Leggiero, indica “l’inequivoca certezza sul nesso causale tra uranio impoverito e tumori. Inequivoca certezza sulla consapevolezza dei vertici delle forze armate già prima dell’impiego dei militari. Un rischio quindi di cui vi era consapevolezza tra i vertici militari sin dal primo momento in cui il Governo decise d’inviare i nostri militari in zone dove era stato utilizzato armamento all’uranio impoverito”.

Leggi anche: Uranio, anche tra i militari sardi una lunga scia di morti dimenticati dallo Stato

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