Un pasticcio tutto sardo: stop agli appalti. A rischio la spesa dei fondi Ue

I Comuni non hanno istituito la Centrale unica di committenza, obbligatoria dal 1° novembre. L’Anci chiede una leggina salva-appalti.

Stop agli appalti pubblici. E anche alle gare in affidamento diretto, con importi inferiori ai 20mila euro. La paralisi amministrativa scatta in 370 Comuni sardi (su 378) per via di un pasticcio giuridico-amministrativo di cui sono responsabili sia i Comuni che il Consiglio regionale. Nel frattempo l’Anci Sardegna, l’associazione che riunisce proprio gli enti locali, prova a metterci una pezza con una lettera-appello indirizzata alla Giunta e alla stessa Assemblea di via Roma. L’ha firmata il presidente Pier Sandro Scano.

L’inadempienza dei Comuni non capoluogo è che entro il 1° novembre avrebbero dovuto istituire la Centrale unica di committenza. È una macro stazione appaltante, da organizzare in forma associata nei centri sotto i 5mila abitanti, mentre in quelli più grandi può essere anche autonoma. Tuttavia, pochissime amministrazioni hanno avviato le procedure e si sono messe in regola, adducendo come motivazione il fatto che è ancora in discussione la riforma delle Province. Ovvero, quel riordino in cui saranno fissate anche le regole per formare le Unioni dei Comuni, cui spetterà gestire, tra le altre cose, la Centrale unica di committenza.

Per un altro verso, è stato il Consiglio a mettere come scadenza il 1° novembre, a differenza di quanto hanno fatto altre regioni italiane, dove la data ultima per istituire la Centrale è stata fissata al 1° gennaio 2016.

Scano ha scritto oggi a Francesco Pigliaru e all’Assemblea regionale guidata da Gianfranco Ganau. Il presidente dell’Anci chiede che, attraverso una leggina, “l’istituzione della Centrale unica venga prorogata al 1° gennaio 2016 o al 1° febbraio 2016, al fine di evitare il blocco e la paralisi delle attività dei Comuni”.

Scano sollecita il provvedimento normativo “con assoluta urgenza”, visto che a fermarsi sarebbero “tutte le procedure di appalto e affidamento di lavori, servizi e acquisizione di beni. Un blocco – scrive il presidente – che sarebbe particolarmente rovinoso, se si tiene conto, ad esempio, delle scadenze legate alla spendita dei fondi europei”.

Adesso il pasticcio rischia di aprire una nuova frattura politica: i sindaci non lo dicono apertamente, ma loro imputano ogni responsabilità al Consiglio regionale, visto che la riforma delle Province è in discussione da undici mesi.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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