Solinas su Fb: “Ho investito i risparmi’. Ma dal rogito non risulta il pagamento

“Riguardo alle mie proprietà in agro di Capoterra, acquistate nel 2002 e sulle quali ho investito nel tempo impegno e risparmi, rappresento che ho deciso di metterle in vendita pubblicizzandole su un sito immobiliare”. È questo uno dei passaggi col quale Christian Solinas, nella sua autodifesa di ieri pubblicata su Facebook, spiega cosa è successo a Santa Barbara, nelle campagne di Capoterra, dove lui risiede e diciannove anni fa aveva acquistato “ruderi di vecchi fabbricati storici”, è scritto nel rogito. Dal documento notarile risulta però che per quei beni il presidente della Regione non pagò un centesimo perché “le parti, in luogo del pagamento del prezzo, hanno convenuto che l’acquirente debba, per conto dell’Ente venditore, restaurare il fabbricato”.

L’immobile di Capoterra è diventato notizia dopo l’inchiesta de Il Fatto Quotidiano. Solinas ha messo in vendita la vecchia abbazia ridotta a rudere l’anno scorso, perché aveva la necessità di una caparra per comprare la villa al Poetto pagata un milione e 100mila euro. La maison gliel’ha venduta la famiglia Ciani di Cagliari a cui il capo della Giunta sarda ha versato 200mila euro il 2 dicembre del 2020. La cifra è identica a quella che ventotto giorni prima, il 4 novembre, Solinas ha ottenuto da Roberto Zedda, editore di YouTg.Net nonché fornitore della Regione attraverso la srl Arionline, uno dei partner del Financing Project di Nuoro demolito nel 2016 dall’Autorità  nazionale anti-corruzione (Anac) e poi sospeso dall’Ats lo scorso luglio con un indennizzo di 20 milioni di euro.

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Che sia andata così, come ricostruito dal giornale di Travaglio, lo conferma su Facebook lo stesso governatore. Solinas scrive nel post-autodifesa di aver messo in vendita il fabbricato di Santa Barbara “al fine di poter acquistare la mia nuova abitazione, così come credo faccia la maggior parte delle persone comuni”. Solo che il presidente della Regione omette i dettagli sulla compravendita del 2002, avvenuta, come detto, a costo zero. Nell’atto notarile si parla esclusivamente di una stima del bene, pari a 35mila euro, che sarebbe stata la somma da versare nel caso in cui non ci fosse stata la clausola sullo scambio tra pagamento bloccato e ristrutturazione.

I ruderi in questione sono stati dichiarati di “interesse storico-artistico” attraverso apposito decreto del 1987, a firma del ministero dei Beni culturali, col quale sono scattati i vincoli anche per le successive opere di ristrutturazione. Tanto che Solinas, per l’abbattimento parziale di un muro, venne indagato nel 2014 dalla Procura di Cagliari con l’accusa di abuso edilizio, violazione delle norme a tutela ambientale e abuso d’ufficio. Per realizzare i lavori, il governatore aveva ottenuto un finanziamento regionale da 183mila euro, subito restituito non appena la magistratura del capoluogo aveva aperto il fascicolo. La posizione di Solinas è stato poi archiviata. Ma questa è ancora un’altra storia.

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Per tornare all’operazione immobiliare del 2002, i ruderi di Santa Barbara vennero ceduti a Solinas dai Frati minori conventuali della Provincia di Cagliari, i quali si assicurarono anche “una servitù – è scritto nell’atto notarile – consistente nella facoltà dei rappresentanti dell’ente venditore di utilizzare il predetto apprezzamento di terreno” per l’ozio “dei propri ospiti, i quali potranno sostarvi, mangiarvi e svagarvicisi”.

Per fare un’ulteriore sintesi: nel 2002 Solinas ottiene dai Frati quei ruderi di Santa Barbara. Non li paga perché l’accordo è cessione della proprietà in cambio della ristrutturazione. Solinas avvia i lavori anche grazie al contributo pubblico ottenuto ma si becca un avviso di garanzia. Blocca le opere, restituisce i soldi alla Regione. L’anno scorso, a fronte di un valore stimato in 35mila euro, trova un imprenditore, che è un fornitore della stessa Regione, disposto a pagare 550mila euro. Ovvero un prezzo che è quindici volte maggiore rispetto alla iniziale valutazione immobiliare. E malgrado un aumento così importante del costo, l’imprenditore Zedda accetta pure di trovarsi nella proprietà i frati in vacanza. Perché la servitù è prevista nell’atto notarile.

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Il resto è sotto la lente della Procura cagliaritana che ha avviato l’indagine col modello 45, ciòè la registrazione degli atti privi di rilevanza penale (almeno per ora). Solinas e l’imprenditore Zedda avrebbero dovuto perfezionare l’atto di compravendita su Santa Barbara il 30 giugno di quest’anno. Come ha scritto Il Fatto Quotidiano, il rogito non è stato firmato. Anche su questo il giornale di Travaglio ha reso un’informazione corretta, che peraltro lo stesso Solinas ha confermato nella sua autodifesa su Facebook: “L’atto definitivo – ai legge nel post – non è ancora stato stipulato perché la promissaria acquirente mi ha tempestivamente e formalmente richiesto via Pec un differimento del termine di ulteriori tre mesi, che ho ritenuto di concedere rispondendo alla stessa con posta certificata e previa comunicazione al notaio rogante, nell’ambito di una normalissima contrattazione fra parti private”.

Tre mesi significa che Solinas e Zedda devono chiudere l’affare tra pochi giorni, il 30 settembre. Solinas, nella sua autodifesa social, ha anche sentito il bisogno di precisare “di aver conosciuto l’amministratore della società promissaria acquirente solo in occasione della sottoscrizione del contratto preliminare dinanzi al notaio”. Un dettaglio, questo, che non trova spiegazione, se non nel fatto che l’imprenditore Zedda è considerato molto vicino al consigliere regionale Nanni Lancioni, il sardista più fedele a Solinas da un anno a questa parte e per il quale il presidente ha scaricato altri fedelissimi.

Gli aspetti appena raccontati e non chiariti dal governatore sardo si aggiungono a un’altra svista emersa nel post Facebook di Solinas. Come rilevato nell’approfondimento del nostro giornale sul contratto preliminare del 2013 (Solinas vendeva e l’imprenditore Antonello Pinna comprava), il presidente della Regione precisa che il rogito in quell’occasione era saltato perché “il promissario acquirente è venuto a mancare”, ma non dice che l’atto definitivo di sarebbe dovuto firmare il 30 maggio 2014, mentre Pinna morì nell’aprile del 2016. Ventitré mesi dopo la scadenza dei termini per la sottoscrizione del rogito.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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