Conto alla rovescia

Scoccano le ore 22 del 16 febbraio 2014 e si chiudono le urne. I sardi (non troppi, a quanto pare) hanno votato. Il nome del nuovo governatore e dei nuovi consiglieri regionali c’è già. E’ nascosto dentro gli scatoloni custoditi nelle 1836 sezioni allestite in tutta l’Isola per consentire a quasi un milione e mezzo di sardi di fare la loro scelta. Stamani saranno aperti e comincerà la conta. Entro fine mattina si dovrebbe conoscere il verdetto.

Un risultato estremamente incerto. Nessuno degli esperti, contattati informalmente in questi giorni, si è azzardato a fare una previsione precisa. Si ritiene per esempio che una percentuale dei votanti bassa favorisca le organizzazioni più strutturate e penalizzi i nuovi movimenti. Ma è una regola che valeva prima che gli spostamenti elettorali diventassero tumultuosi. Alle precedenti Politiche il M5S era stimato dai sondaggi una decina di punti percentuali meno di quelli che poi ottenne.

Si tratta insomma di aspettare ancora qualche ora. Ma non è detto che il risultato che verrà fuori dalla urne dica quale sarà il governo della Sardegna.Il governatore sì, ma la maggioranza non necessariamente. E’ una delle possibilità offerte dalla legge elettorale.

CHI VINCE – Ma andiamo con ordine, cominciando appunto dal capo della Giunta. Il quale, una volta eletto, potrà dividersi tra due sedi istituzionali, entrambe a Cagliari: il palazzo di viale Trento e Villa Devoto, in via Oslavia. Il presidente governa insieme alla coalizione (o alla singola lista) che lo ha appoggiato, anche se questa dovesse raccogliere meno preferenze.

NIENTE BALLOTTAGGIO – Quanto agli altri candidati governatore – e in questa tornata elettorale sono sei – solo il secondo più votato entra in Consiglio. Per i restanti quattro l’avventura politica in Regione finisce con la chiusura delle urne, perché non c’è ballottaggio. Il futuro presidente della Sardegna si sceglie attraverso un solo turno di voto: non ci sono partite di ritorno.

PREMIO DI MAGGIORANZA – Di certo, i voti presi dal nuovo capo della Giunta servono anche per calcolare il premio di maggioranza. È una sorta di bonus forfettario che, a una determinata percentuale di preferenze raccolte, fa corrispondere un numero fisso di consiglieri. Quindi: se il governatore eletto prende tra il 25 e il 40 per cento dei consensi totali, potrà contare su una maggioranza di 33 onorevoli su 60. E nei 33 è incluso lo stesso presidente. Invece: se la forbice dei voti è compresa tra il 40,1 e il 60 per cento, i consiglieri salgono a 36. Al di fuori delle due soglie – cioè sotto il 25 per cento o sopra il 60 -, i posti in Aula vengono ripartiti secondo il sistema proporzionale. Il che significa non più un numero ‘forfettario’ di seggi, ma una loro distribuzione calcolata in base ai voti raccolti.

LA GRANDE INCOGNITA – In teoria il premio di maggioranza ha l’obiettivo di assicurare la governabilità al presidente che vince le Regionali. Ma visto lo scarto minimo previsto dalla legge elettorale, questo principio non sembra pienamente garantito. Tutto dipenderà dall’omogeneità (e della pace) interna alla maggioranza stessa.

GLI SBARRAMENTI – Altra cosa sono le liste, le quali seguono regole diverse rispetto a quelle del governatore. Infatti: entrano in Consiglio anche i partiti che non hanno appoggiato il presidente eletto. Ma perché ciò avvenga, devono superare il cosiddetto sbarramento, cioè una soglia minima di voti. Per le liste che corrono da sole, il muro è del 5 per cento. Nel caso di una coalizione, quindi di più liste alleate, sale al 10 per cento.

IL CALCOLO – Basta una semplicissima operazione matematica per capire se una singola lista o una coalizione ha raggiunto (o meno) la soglia minima: bisogna sommare tutte le preferenze raccolte dai candidati consiglieri. Se queste sono superiori al 5 o al 10 per cento dei voti totali, lo sbarramento è superato. Vuol dire che quella lista o quella coalizione possono entrare nella ripartizione dei seggi.

GLI ESCLUSI – Tuttavia, bisogna fare un distinguo: se anche la soglia minima è stata raggiunta, gli effetti sono diversi per la singola lista e per la coalizione. Nel primo caso piazzare propri rappresentanti in Consiglio diventa automatico, mentre in uno schieramento solo i partiti più votati conquistano i seggi. Del resto, i posti da dividere sono 59, a fronte di 1.500 candidati.

GLI ONOREVOLI – L’eventuale ingresso nella massima assemblea sarda dipende dal cosiddetto quoziente elettorale. Tecnicamente è un’operazione matematica che si ottiene dividendo il numeri dei voti validi per il numero complessivo dei seggi da assegnare. Questo calcolo viene fatto in ciascuna delle otto circoscrizioni elettorali in cui è divisa la Sardegna. In buona sostanza, il quoziente elettorale serve per stabilire quali partiti hanno diritto ai seggi e quanti ne spettano a ciascuno. Non solo: tutte le cifre decimali che si ricavano dal quoziente elettorale vengono accantonate per essere poi utilizzate nel successivo calcolo dei resti. E si tratta di un’altra operazione matematica con la quale si distribuisce una parte minima dei seggi. Cinque su 59, per la precisione.

CIRCOSCRIZIONI – Per concludere: i collegi elettorali della Sardegna corrispondono alle vecchie otto Province. A ogni circoscrizione è assegnato un numero fisso di scranni, calcolato in base alla popolazione. Quindi: Cagliari ne ha 20; Sassari 12; Oristano e Nuoro 6 a testa; in Gallura sono 5; a Sulcis e Medio Campidano ne spettano 4; all’Ogliastra 2. Il totale è appunto di 59 seggi. Di cui 54 assegnati col quoziente pieno, mentre 5 vengono divisi attraverso i resti. E ciò succede nei soli collegi di Cagliari, Sassari, Oristano, Nuoro e Medio Campidano.

Alessandra Carta

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