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Province, riforma in alto mare

Lunga vita ai commissari. Sembra questa l’ipotesi più probabile nella telenovela delle Province da cancellare: non fosse altro che la maggioranza di Ugo Cappellacci è in altissimo mare.

Lunga vita ai commissari. Sembra questa l’ipotesi più probabile nella telenovela delle Province da cancellare: non fosse altro che la maggioranza di Ugo Cappellacci è in altissimo mare con la riforma. Al momento, nero su bianco non c’è nulla, anche se domani (dalle 10,30) si riaccendono le luci sul Consiglio regionale. Obiettivo: approvare il riordino delle autonomie locali. Per farlo, l’Aula si è data trenta giorni di tempo (scadono il primo agosto). Ma visto il ritardo, un ennesimo rinvio (a chissà quando) non è improbabile. Non solo: i commissari possono restare in sella sino alla scadenza naturale degli enti intermedi. Ovvero, il 2015.

L’INCERTEZZA. Dunque, marca male con la riforma delle Province. Di concreto non s’intravede niente nelle scrivanie dei consiglieri regionali. Certo, la materia è complessa, ma il vero problema è che nel centrodestra devono ancora mettersi d’accordo. Inutile dire che i più attivi siano i Riformatori, il partito del referendum abrogativo, quello che il 6 maggio 2012 ha fatto passare a miglior vita i nuovi enti intermedi. Cioè, il Sulcis, il Medio Campidano, l’Ogliastra e la Gallura. Ma a parte il verdetto delle urne, sul piatto sono sistemate solo dichiarazioni d’intenti. Attilio Dedoni, onorevole liberal democratico, è onesto: «Tutti abbiamo tante idee, ma di concreto non è stato deciso nulla. Di sicuro, non ci saranno deroghe alla priorità di riorganizzare il sistema delle autonomie locali, nell’interesse dei cittadini».

CONTENITORE VUOTO. Eppure sino a oggi sembrava che la bozza di riforma approvata dalla commissione Autonomia, fosse un perfetto canovaccio per accorciare i tempi. Così non è: quel documento indica solo una rotta, cioè trasformare le Province in enti di secondo livello, quindi con assemblee nominate dai sindaci (anziché elette dai cittadini). Ma nulla è scritto sulla partita chiave che fa il paio con le competenza. In buona sostanza si tratta di stabilire come – e a chi – assegnare i poteri che adesso sono in mano agli enti intermedi.

PRIMO NODO. In questo scenario le ipotesi si sprecano. E sono tre. Intanto c’è “Sardegna infrastrutture” (come nella proposta di Angelo Stochino, pidiellino dell’Ogliastra). Se l’Agenzia regionale (un’altra) venisse messa in piedi, gestirebbe strade e scuole (le due competenze chiave di una Provincia). Non solo: la maxi struttura assorbirebbe anche tutti i dipendenti, compresi i lavoratori delle società a cui sono affidate le manutenzioni. L’alternativa potrebbe essere quella di puntare tutto sulle Unioni dei Comuni, «un modello che però ha fallito», chiarisce Michele Cossa (Riformatori), vicepresidente dell’Aula nonché coordinatore sardo dei liberal democratici. Quindi ecco «le associazioni volontarie di Comuni», spiega ancora il numero due di via Roma. E sarebbero ugualmente un contenitore sostitutivo degli enti intermedi. Ma poi c’è da risolvere una serie di piccole e piccolissime partite, «perché le Province hanno in capo un lungo elenco di competenze secondarie». E queste, spesso, altro non sono che sono sovrapposizioni tra poteri della Regione e delle Asl, se si pensa, per esempio, alla materia ambientale, visto che gli enti intermedi sovrintendono la gestione delle discariche territoriali.

PALETTO FERMO. Resta il fatto che pure in Sardegna la linea l’ha dettata la Consulta: è di una settimana, fa la sentenza con la quale la Corte Costituzione ha bocciato il governo di Mario Monti. Perché il Professore ha usato un “semplice” decreto per cancellare le Province. Ma siccome sono previste dalla Costituzione, la revisione della Carta e la loro eventuale abolizione spetta al Parlamento (altrimenti va percorsa la strada del referendum). Insomma, nell’Isola i vecchi enti intermedi non si possono toccare. In bilico resta solo Oristano, provincia approvata sì con legge nazionale, ma non di rango costituzionale, a differenza di Cagliari, Nuoro e Oristano.

IN AULA. Domani, quando si torna in Consiglio, tutto si ridurrà a un dibattito. Perché da votare non c’è nulla. L’unica cosa che potrà succedere, è capire quanto abbia attecchito il seme della convergenza tra schieramenti. Ma finora da Pd e alleati sono arrivate solo critiche, ribadite da Adriano Salis, ex Idv del Gruppo misto. «Siamo al pastrocchio – osserva -, non mi risulta che la maggioranza abbia elaborato una proposta definitiva. Spero tuttavia di essere smentito in Aula, domani capiremo». Indubbiamente, lo scacco matto può arrivare solo dal Tar (Tribunale amministrativo regionale), chiamato ai decidere sulla legittimità (o meno) dei commissariamenti. E se per caso venissero azzerati, non sarebbe di certo un’estate ordinaria.

Alessandra Carta

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