Primarie, il socialista Simone Atzeni: «Facciamo la Zona franca del lavoro»

L’economista sfodera tutte le sue armi, eccolo Simone Atzeni, candidato alle primarie in quota socialista. Ieri la prima uscita pubblica per illustrare il proprio progetto di rinascita. La priorità di Atzeni è il rilancio dell’occupazione. E dice: “Serve la Zona franca del lavoro“.

Si è preso mezz’ora di tempo, l’economista, per spiegare il modello di sviluppo socialista, con uno slogan: “La storia simo noi, scriviamola insieme“. E da qui al 29 settembre, quando si apriranno le urne del centrosinistra, Atzeni girerà l’Isola per diffondere il verbo targato Psi.

I numeri sono precisi, il programma pure. Atzeni premette: “Oggi per ogni mille euro che un lavoratore dipendente porta a casa, un’azienda privata ne paga 1.850. Per questo è necessario abbattere il cuneo fiscale tra il netto in busta paga e il costo che grava sulle imprese“. Il taglio previsto dal socialista è dall’attuale 85 per cento al 35, “in modo che le aziende versino di tasse 350 euro e non 850”.

Ovviamente, la defiscalizzazione comporta una spesa per la Regione che si dovrebbe accollare il taglio. “Noi abbiamo previsto che la Zona franca del lavoro possa essere garantita con un investimento di 2,7 miliardi, contro i tre che costerebbe la Zona franca integrale, e in questo caso solo per abbattere l’Iva”.

E se l’occupazione è in cima all’agenda politica di Atzeni, nel suo programma di aspirante governatore ci sono anche altri quattro tasselli- chiave. A cominciare “dal sostegno all’agricoltura, sempre con una politica di agevolazione fiscale da accompagnare alla sburocratizzazione“, spiega.

A seguire i distretti produttivi, su cui si fonda un’altra certezza dell’economista. “Per sopravvivere nella concorrenza di un mercato sempre più competitivo, è necessario che le nostre imprese si aggreghino sotto un unico cartello. Questo permette un più facile accesso al credito, un risparmio sui costi delle materie prime e maggiore possibilità di vendere i proprio prodotti, sia nel resto d’Italia che all’estero. Ma con la formazione dei distretti produttivi si possono dividere pure le spese della tecnologia, puntando così ad avere impianti sempre più all’avanguardia”.

Sul fronte del turismo Atzeni chiarisce: “La Sardegna continua a offrire soltanto mare. Ma per mettere davvero in rete costa ed entroterra, dobbiamo migliorare le infrastrutture e la qualità urbanistica dei piccoli comuni lontani dalle spiagge. Le risorse ci sono: l’Unione Europea garantisce ogni anno, alla Sardegna, trenta milioni di euro. Tanti paesi potrebbe diventare più accoglienti, entrando nel circuito dell’industria vacanziera”.

L’economista arriva così ai mali storici della Sardegna, ovvero l’energia e i trasporti, i cui elevati costi continuano a essere un freno allo sviluppo. Atzeni scommette tutto sulle rinnovabili e sottolinea: “Attualmente la Regione utilizza i fondi Jessica erogati dalla Banca europea degli investimenti, e con queste risorse finanzia la realizzazione di piccoli impianti “verdi”, eolici e fotovoltaici. Io dico invece che quei soldi vanno spesi per costruire una grande rete sarda di distribuzione, dove convogliare il surplus di energia dei piccoli impianti. I quali vanno sostenuti sia per soddisfare i singoli fabbisogni di condomini e aziende, ma anche per produrre quel 10 per cento di energia in più da immettere nella grande rete”.

Quanto ai trasporti, Atzeni è un difensore della tariffa unica. Perché “i turisti sono una risorsa indispensabile per la nostra economia, e vanno adottate tutte quelle misure capaci di facilitare il loro arrivo nell’Isola”. Atzeni propone un biglietto unico, per residenti e non, “di 75 euro da Roma e Milano, anziché di 55 per i sardi e di 95 per tutti gli altri“. Così “per nove mesi l’anno, quindi anche in bassa stagione”. In estate, ovvero nel picco delle presenze, “la tariffa per i turisti può anche essere più alta rispetto a quella dei residenti, visto che in tempo di vacanza si ha una maggiore propensione alla spesa”.

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