Ospedale al posto dello stadio, la prova che non ci sono soldi. E Doria offeso con Agus e Zedda

Il nuovo ospedale a Sant’Elia, al posto dello stadio, è un’idea senza il becco di un quattrino. Ma è bastata la proposta per portare la sanità in cima all’agenda della politica sarda, almeno sul fronte dello scontro. Lo schema è chiaro: da una parte ci sono il presidente della Regione, Christian Solinas, e l’assessore Carlo Doria, evidentemente l’ispiratore dell’idea; dall’altra i Progressisti, seguiti a ruota dal Pd.

Cominciano dai soldi: la prova che il trasferimento del Brotzu e del Businco non abbia alcuna copertura economica è data dalla stessa delibera 19/82, quella che il 1° giugno Solinas ha approvato per dare all’Ares, la Asl unica del centrodestra, il mandato di studiare la fattibilità dell’intervento. Il documento ha come oggetto “Disposizioni attuative urgenti”, ma non fa riferimento ad alcun capitolo di spesa. Più passano le ore, più la storia del nuovo ospedale a Sant’Elia sembra una strana operazione, di cui non se ne capisce il senso. Soprattutto per una ragione: per il Brotzu è previsto un ampliamento che ha sì risorse certe, pari a 159 milioni, come spiegato ieri dai Progressisti di Francesco Agus e Massimo Zedda nel corso di una conferenza stampa. Non solo: non più tardi otto mesi fa, come ricostruito da Sardinia Post, il centrodestra di Solinas ha pubblicato, tramite i suoi manager della sanità, il bando per l’affidamento della progettazione. Roba da 5,4 milioni di euro.

Eppure Doria, che più di Solinas sta promuovendo l’opera, continua a dire: “È sconcertante che ci possa essere un’opposizione politica così irresponsabile da essere contraria alla modernità e allo sviluppo del nostro sistema sanitario, al punto da gettare ombre sullo stesso procedimento amministrativo adottato”. Del resto proprio Zedda l’ha detto ieri senza fare giri di parole: “Viene il dubbio che l’obiettivo non sia realizzare davvero ospedali ma pagare progettisti”. E Doria ha sentito il bisogno di rispondere con un mezzo insulto, sostenendo in buona sostanza che agli avversari non capiscono nulla.

C’è dell’altro: Doria, ortopedico in aspettativa dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari, è del capo di sopra. E non potrebbe essere diversamente: a un cagliaritano vero non verrebbe mai l’idea di spostare lo stadio da Sant’Elia, sarebbe toccare toccare la Mecca ai musulmani. Solinas, invece, sì che è nato nel capoluogo dell’Isola, ma evidentemente non ha voglia di ricandidarsi, se continua a non voler dare i soldi per il progetto del nuovo stadio, dopo essere stato d’accordo per un sacco di tempo. Una giravolta che qualche dubbio lo lascia.

L’arco con le frecce lo ha tirato fuori pure Piero Comandini, il segretario del Pd sardo. “Siamo alle solite, questa Giunta si dimostra incapace di dare risposte concrete ai bisogni e si distingue solo per trionfalistici annunci lanciando nuove iniziative di edilizia sanitaria tanto improbabili quanto poco credibili”. Anche il leader dem la vede come Zedda: “A cosa serve pensare a un nuovo studio di fattibilità, quando i denari pubblici potrebbero essere utilizzati per altre strutture sul territorio?”.

Val la pena ricordare che nel 2019 il centrosinistra di Francesco Pigliaru aveva perso le Regionali per colpa della sanità. E per contro Solinas le aveva vinte promettendo di cancellare l’Ats, quella Asl unica che in realtà ha solo cambiato nome e col centrodestra si chiama Ares. Ma i sardi, si sa, si bevono qualunque cosa. Si aggiunga il fatto che la coalizione a trazione Lega e Psd’Az è riuscita a imporsi anche a causa delle liti nella rissosa maggioranza di centrosinistra in Consiglio regionale, quella che ha preso a sassate la riforma della sanità targata Pigliaru e Luigi Arru.

Passati quasi cinque anni, il Crenos, il Centro di ricerche che fa capo alle Università di Cagliari e Sassari, ha certificato che la sanità nell’Isola è peggiorata di molto, con due sardi su dieci che nemmeno si curano più. Per via dei costi e delle liste d’attesa. La sensazione è che l’assistenza medica e ospedaliera sia di nuovo il terreno privilegiato attraverso il quale spostare voti.

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